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Napoli Dopo 25 giorni al Cotugno è tornato a casa, l’avvocato di 49 anni indicato come il “paziente uno” di Napoli che aveva contratto il coronavirus. “Questo virus è come un’ultima mano di poker, puoi vincere e recuperare, oppure perdere tutto”, dice Francesco in una intervista rilasciata a ‘Il Mattino’. Anche gli altri sette componenti del suo studio che adesso sono negativi e hanno ripreso il lavoro. “Ci siamo organizzati con 12 indirizzi mail ciascuno e una stanza virtuale che ci consente di gestire da remoto ogni procedimento. Abbiamo attraversato momenti duri, ora ripartiamo”, spiega l’avvocato.

Il racconto: “Sono stato additato come l’untore della città e questo mi ha ferito profondamente, anche perché non è vero: in ospedale c’erano persone che avevano contratto il virus prima di me, sempre al rientro dal Nord. C’è una cosa che molti forse non hanno compreso. Questa è una guerra. Io stesso, in ospedale, mi sono sentito come un prigioniero di guerra. Per 25 giorni ho visto persone infagottate in uno scafandro, gente che soffriva. Sono rimasto 12, forse 13 giorni da solo, con l’ossigeno. Non lo augurerei neanche al mio peggior nemico. Mi sento uno sfortunato fortunato. La sfortuna è stata contrarre il virus. La fortuna uscirne grazie alla professionalità e l’umanità del personale del Cotugno”.

Il noto professionista napoletano aveva criticato la gestione del pronto soccorso il 26 febbraio, quando chiese di fare il tampone dopo i primi sintomi al rientro da Milano. E precisa: “Sì e lo confermo. In quel momento non ho ricevuto assistenza adeguata, io come gli altri che erano lì. Troppi sono tornati a casa senza aver fatto il test. Questa emergenza è stata inizialmente sottovalutata a livello istituzionale. Cotugno a parte, negli altri ospedali non sono attrezzati a fronteggiare la situazione. Mi raccontano storie di pazienti in tenda, al freddo, altri a casa senza notizie sull’esito degli esami e senza cure. Poi sento il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che si sta curando a domicilio con gli antivirali. E come fa, visto che alcuni non si trovano in commercio?”.

Ora è finita: “Voglio solo restare un po’ tranquillo e riprendere a lavorare. Tanti non ci sono più. Qualcuno lo conoscevo, come il medico legale Antonio Buonomo e Nino Autore, medico anche lui. Ma penso anche agli altri che non avevo mai visto in vita mia. Mi girano le scatole quando sento dire che chi è morto era anziano oppure aveva patologie. Erano persone come noi. Anzi, ora che ci penso c’è una cosa che desidero: vorrei che fosse stato un brutto sogno. Risvegliarmi e trovare il mondo com’era prima. Ma visto che non è possibile, spero almeno che questa guerra finisca presto per tutti”.