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Massa di Somma (Na) – In queste ore è caos tra le comunità dei cittadini che vivono ai piedi del Vesuvio. Si ipotizza infatti la realizzazione di un Forno Crematorio a sei linee – c’è un progetto con cifre ed importi – sul territorio di Massa di Somma all’interno del Cimitero consortile in cui rientrano anche i comuni di Cercola e San Sebastiano al Vesuvio, un’opera imponente sia per costi che per dimensioni che impatterà anche sui comuni confinanti con il cimitero come quello di Pollena Trocchia.

Durissimo il consigliere massese Salvatore Esposito, capogruppo di opposizione: “L’amministrazione del sindaco Madonna deve bocciare il progetto del Forno crematorio a Massa di Somma, siamo comune del Parco Nazionale del Vesuvio e siamo il Comune del Pomodorino del Piennolo DOP, con questa scelta scellerata diventeremo il comune delle cremazioni. In questi anni di amministrazione non sono state investite adeguate risorse per lo sviluppo produttivo del territorio puntando a valorizzare le nostre eccellenze e si pensa invece di far cassa raccogliendo pochi spicci da ogni cremazione effettuata presso il nostro cimitero, pochi spicci perché solo l’1% dei ricavi resteranno al comune massese e il grosso invece all’impresa che è specializzata nel business delle cremazioni, che inoltre avrà la gestione per 30 anni di un impianto che gli sarà costato circa 6milioni di euro. C’è una visione politica distorta e macabra – ha aggiunto il consigliere Espositodi alcuni consiglieri comunali di maggioranza che considerano il Cimitero come se fosse una Fabbrica, capace di generare ricchezza. Anche su questo si sbagliano perché chi ci guadagna è un privato e non la nostra comunità. Inoltre in queste ore, così come accaduto nell’ultimo consiglio comunale – in cui abbiamo fatto proposte di modifica al Piano regolatore cimiteriale bocciate dalla maggioranza – si gioca a fare da scarica barile sul consorzio cimiteriale, dimenticandosi che l’ente consortile cimiteriale ha un Consiglio di Amministrazione nominato dagli esecutivi massese, cercolese e sansebastianese, i sindaci, quindi, non possono lavarsene le mani”.