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NAPOLI – Perché a Napoli, nelle ultime ore, si sta tanto parlando di emergenza criminalità? Il video delle baby gang che nell’occasione di onorare Sant’Antonio Abate appicca il fuoco anche accanto una parete della chiesa di Sant’Eligio in piazza Mercato che è un tesoro del 1270 o la denuncia su Facebook della giovane chirurga del Vecchio Pellegrini aggredita sotto casa per sottrarle il cellulare, rappresentano solo gli ultimi due schiaffi che ha ricevuto la città.

Sta di fatto che di criminalità se ne sta parlando tanto anche perché questa mattina in città è arrivata la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e Regione Campania, Prefettura e Comune di Napoli hanno siglato un accordoper la promozione e l’attuazione di un sistema di sicurezza partecipata e integrata” nonchè “per lo sviluppo di Napoli”.
 
Qualcosa di nuovo, del resto, bisogna pur tentare di mettere in campo se il dato sulla criminalità nel territorio napoletano vede indici in crescita rispetto al resto del Paese: +10,9% nella città metropolitana, addirittura +15,3 % a Napoli città. Il che, va detto, potrebbe essere anche solo il segnale che le denunce, rispetto al passato, sono molte di più.
 
Ma comunque: l’accordo firmato dal Governatore Vincenzo De Luca, il sindaco Gaetano Manfredi e il Prefetto Claudio Palomba: 27 pagine, 6 capitoli. Dal rafforzamento “della prevenzione e del controllo del territorio anche con sistemi di videosorveglianza” (“Solo il 75% delle telecamere funziona”, ha ammesso la ministra), all’invio di 182 nuovi agenti.
 
E c’è poi un articolo dell’accordo, il 23esimo, che è dedicato a una questione assai delicata e dibattuta in città, da mesi ormai: quella degli altarini e dei murales, spuntati un po’ dappertutto nei quartieri a rischio, che celebrano i caduti delle guerre di camorra o simili.
 
Come quello che fa molto discutere molto anche la giustizia italiana ai Quartieri Spagnoli di Ugo Russo, ad esempio, ucciso a 15 anni mentre tentava di rapinare un carabiniere fuori servizio, era il 29 febbraio 2020.
 
Prima di Natale, il Consiglio di Stato ha sospeso la sentenza del Tar di Napoli che aveva ordinato la rimozione del murales che lo ritrae con sotto la scritta ‘Verità e giustizia’ in piazza Parrocchiella. L’udienza di merito si celebrerà solamente tra 9 mesi, ad ottobre. Prima di quella data il murale non potrà essere rimosso. Conseguenza anche di un certo moto popolare per difenderlo: a febbraio del 2021, oltre mille napoletani, tra cui lo scrittore Maurizio De Giovanni, firmarono una petizione affinchè non fosse cancellato.
 
Fatto sta che l’accordo di questa mattina prevede la rimozione di altarini e murales “dedicati ad elementi della criminalità”.
 
Come, quando e perchè è così decritto: “Dal mese di marzo 2021, nella città di Napoli, è stata avviata un’attività di rimozione di svariati manufatti abusivi (altarini, murales, lapidi) riconducibili a sodalizi camorristici o eretti in memoria di soggetti a vario titolo legati alla criminalità. E’ fondamentale proseguire in tale attività atteso il notevole valore simbolico della stessa e l’esigenza di ripristinare da un lato il rispetto della legalità e dall’altro di evitare che si generino e si diffondano sentimenti di emulazione verso persone ad ambienti criminali”.
 
“Pertanto – prescrive l’accordo di oggi – ogni qual volta la Prefettura verrà a conoscenza, attraverso l’attività di riconognizione svolta sul territorio dalle Forze dell’Ordine, di un nuovo manufatto celebrativo, richiederà al Comune di espletare gli opportuni adempimenti amministrativi preordinati alla demolizione dell’abuso che insiste su immmobili o aree di proprietà privata”.
 
“L’amministrazione comunale – a quel punto – provvederà d’ufficio per la demolizione dei manufatti presenti su edifici o aree di proprietà comunale mentre, qualora l’abuso insista su edifici o aree di proprietà di altri soggetti pubblici, provvederà previe le necessarie intese con questi ultimi”. 
 
Tolleranza zero, si direbbe.