- Pubblicità -
Tempo di lettura: 2 minuti

Napoli – Per gli inquirenti, i sei destinatari del provvedimento cautelare sono componenti di un’associazione per delinquere finalizzata alla consumazione dei reati di peculato, falso ideologico e materiale, nonché di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Le indagini sono scaturite da una denuncia presentata dalla direzione generale del Cnr dopo la segnalazione di un’integerrima funzionaria dell’allora Istituto per l’Ambiente marino costiero (Iamc) di Napoli, adesso denominato Istituto delle Scienze Marine, per anomalie gestionali riscontrate in spese per consulenze assegnate a società, in massima parte con sede legale e operativa a Roma, nonché a Milano. 

Gli indagati hanno organizzato false gare allo scopo di simulare l’affidamento diretto di consulenze fittizie a società compiacenti, predisponendo tutta la documentazione amministrativa prevista per la stesura dei contratti, compresi i preventivi di spesa. I falsi affidamenti oggetto di indagini, relativi al periodo 2010-2016, sono stati resi possibili grazie a un collaudato sistema messo in piedi da un funzionario del Consiglio, Massimiliano Di Bitetto, divenuto anche direttore generale, ritenuto promotore e regista dell’intera organizzazione, con la collaborazione in particolare di Paolo D’Anselmi e Simone Morganti, amministratori di società operanti nel settore delle consulenze a imprese, e Michele Cilli, tenutario delle scritture contabili delle società coinvolte nel disegno criminoso, tutti destinatari della misura, così come Salvatore Mazzola ed Ennio Marsella.

Per le false consulenze e relative gare sono state utilizzate, a rotazione, oltre 20 società, intestate appunto a prestanome e in molti casi prive di strutture organizzative e di personale, create al solo scopo di beneficiare dei contratti relativi alle consulenze mai realizzate, affidate sia dall’Iamc di Napoli che da altre strutture dello stesso Cnr. 

Al termine delle indagini sono state individuate false consulenze per un importo complessivo di 2.226.370,50 euro, nonché individuate fatture per operazioni inesistenti per un imponibile di 1.846.085,39 euro e Iva per 380.285 euro. Da qui il gip disposto il sequestro preventivo per equivalente del profitto dei reati contestati per oltre 2,3 mln nei confronti degli indagati e delle società da questi gestite per la consumazione degli illeciti.