Quel periodo l’abbiamo conosciuto tutti. Che non è depressione, ma che rischia di diventare se non ti ripigli in tempo. Quei giorni – soprattutto di autunno, in cui alle quattro e mezza devi già accendere la luce – che non fai altro che stare davanti al computer ad inviare curriculum tra Indeed, LinkedIn, Adecco… Quei pomeriggi infiniti, mentre magari sfogli Instagram e vedi i successi dei tuoi amici, e tu stai a casa a non sapere cosa fare. Quello che senti è che ti senti indietro rispetto ai tuoi coetanei.
Forse l’ispirazione per il suo primo libro è scattato in uno di questi pomeriggi. Ilaria ha 26 anni ed è di Casalnuovo. Come tanti coetanei, finito il liceo ha cercato di lavorare, e quindi via a tambur battente con i concorsi pubblici. “Così è nato ‘L’erede di guerra’, in un momento della mia vita in cui mi sentivo indietro rispetto ai miei coetanei. C’è chi si sposa, chi ha dei figli, chi invece trova un bel lavoro… Io, al contrario, ero davanti al PC, in attesa dei risultati di un concorso. È stato a quel punto che ho aperto pages e ho iniziato a scrivere. Quel giorno ho scritto fino a sera… dando vita a un mondo in cui mi sentissi bene con me stessa“.
“L’erede di guerra” è un libro edito da Amazon KDP, pubblicato da agosto di quest’anno; è un romanzo di genere fantasy, e tratta temi che inducono alla riflessione, quali la ricerca di identità, ed il dualismo tossico fra l’amore ed il possesso.
“L’erede di guerra” di Ilaria Russo, il libro d’esordio per la scrittrice di Casalnuovo
Che cosa ti ha ispirato a creare Syndril e i due guerrieri — il Guerriero Bianco e il Guerriero Nero — e quale simbolismo hai voluto trasmettere attraverso la morte dell’uno e la misteriosa scomparsa dell’altro?
Syndril è nata per mano di due Guerrieri il Bianco e il Nero; rappresentano rispettivamente l’equilibrio tra il bene e il male. Mi sono sempre posta una domanda: cosa accadrebbe se il bene si rivelasse più pericoloso del male? Allora, il Guerriero Bianco ha preso forma nel guerriero più temuto e pericoloso rispetto al Nero. Certo, il Nero è forte ed è anche l’unico in grado di tenere testa al Bianco. Ma, se il Bianco si lascia sopraffare dal suo potere, potrebbe distruggere tutto ciò che lo circonda.
A proposito di ispirazioni, L’idea dell’avvelenamento che ha impedito a Evelyn di ricordare la propria identità è un bell’espediente narrativo: com’è nato? E, quali esperienze emotive sono emerse durante il percorso di (ri)scoperta della protagonista?
L’idea dell’avvelenamento della protagonista è nata per legare la sua identità all’incontro con il protagonista maschile River e alla scoperta di un nuovo mondo in cui lei potesse sentirsi meno sola e avesse la possibilità di trovare il suo posto nel mondo.
Hai descritto che il legame tra Evelyn e il ragazzo fae — River — ha oscillato tra aiuto e pericolo: come hai bilanciato l’attrazione e il sospetto nella loro relazione, e come hai fatto a tenere incerto il loro rapporto fino alla fine?
Evelyn ha subito violenza e abusi, River è stato la sua ancora di salvataggio. Il suo posto sicuro. La aiutata a capire chi fosse davvero e ad imparare ad utilizzare i suoi poteri. Dentro di lei, sa quello che prova, ma non vuole ammetterlo per paura di scatenare una guerra contro il principe Henry. Il loro rapporto rimane incerto fino alla fine perché River non confessa ciò che prova davvero, per una paura che si porta fin da bambino: l’abbandono. Confessare i suoi sentimenti sarebbe mettersi a nudo e rischiare che quelle parole siano l’inizio della fine.
Le tematiche principali (ricerca d’identità, prigionia, passato oscuro, amore-possesso), sono molto profonde: in modo molto ampio, senza che io ti limiti con dei paletti, perché hai voluto trattare di questi argomenti?
Quando ho iniziato a scrivere L’erede di guerra, non era questa la direzione che volevo intraprendere. Poi, ho pensato, e mi sono detta che forse, se la storia si incentrasse su questi argomenti ma avesse un lieto fine, una presa di posizione della protagonista, magari chi lo leggerà si immedesimerà in lei e capirà che esiste un altro modo. Un modo genuino di amare. Il passato, per quanto oscuro, non condizionerà il tuo futuro. C’è sempre una scelta. C’è sempre un altro modo.
Ilaria, hai raccontato che “L’erede di guerra” è nato in un periodo in cui ti sei sentita indietro rispetto ai coetanei: in che modo quella sensazione personale ha influenzato la genesi del romanzo e, magari, il destino di Evelyn? E, soprattutto, adesso ti senti
contemporanea all’età in cui sei?
Mi sono sempre sentita indietro, con la paura di sbagliare, di dover essere come tutti si aspettano. Ma, alla fine, qualsiasi cosa farò sarà quella sbagliata. Il destino di Evelyn è incerto, non si sa come andrà a finire, se diventerà la luce pronta a bruciare Syndril o la luce che salverà i regni. Ma, è lei che sceglierà cosa diventare. È questo quello che mi ha insegnato. Ed è quello che mi piacerebbe trasmettere a chi vorrà leggere la sua storia.
Ilaria Russo ha 26 anni ed è di Casalnuovo di Napoli, è la seconda dei due figli di Antonio ed Emilia, ed è la sorella minore di Angelo. L’erede di guerra è il libro d’esordio.























