Il giorno della rinascita. È il 23 maggio 2025 e, dopo 750 giorni dallo Scudetto di due anni fa, il Napoli è di nuovo campione d’Italia. Il quarto tricolore della storia azzurra arriva al termine di una stagione sorprendente, iniziata con l’obiettivo della qualificazione in Champions League e finita nel modo più bello: con una città intera che esplode di gioia. Come solo Napoli sa fare.
Il trionfo si è consumato all’ultima giornata, davanti a un Diego Armando Maradona gremito, con migliaia di tifosi anche all’esterno dell’impianto. La gara contro il Cagliari è stata intensa, vissuta col fiato sospeso. Ma al fischio finale, un urlo di gioia ha attraversato la città: Napoli è ancora sul tetto d’Italia.
Dalle macerie alla vetta: De Laurentiis rilancia, Conte firma l’impresa
Una cavalcata che sembrava impossibile appena un anno fa, dopo una stagione disastrosa: decimo posto, fuori da tutto, con il club nel caos. Ma da quelle ceneri è rinata una squadra nuova, forgiata con coraggio e visione.
Questo è lo Scudetto di Aurelio De Laurentiis. Dopo una delle annate più buie della sua gestione, il presidente ha puntato sull’uomo giusto, Antonio Conte, e ha messo mano al mercato con una campagna da 150 milioni di euro. Una rivoluzione pensata, voluta, riuscita. Conte ha plasmato un gruppo affamato di rivincita. Ha dato identità e anima. Ha preso una squadra ferita e l’ha trasformata in un blocco compatto, capace di resistere e vincere, anche nei momenti più difficili. Tra i volti nuovi del mercato, Buongiorno ha portato leadership in difesa, Spinazzola ha dato quell’esperienza giusta, Lukaku si è caricato la squadra sulle spalle nel momento clou, David Neres ha dato imprevedibilità e talento, e su tutti, Scott McTominay si è preso il centrocampo e l’anima del gruppo. Silenzioso, concreto, decisivo.
Accanto ai nuovi, ci sono gli eroi che avevano già vinto nel 2023 e che hanno saputo indicare la strada. Il capitano Giovanni Di Lorenzo è stato il faro, la voce dell’esperienza e della serietà. Amir Rrahmani, silenzioso ma granitico, ha guidato la difesa con equilibrio. Alex Meret ha fatto la differenza in più di una partita, salvando risultati con parate pesantissime. Matías Olivera ha corso per due, mentre Zambo Anguissa e Stanislav Lobotka hanno garantito continuità e sostanza a centrocampo. Matteo Politano è stato il solito lottatore sulla fascia, mentre Giacomo Raspadori ha colpito quando serviva, con freddezza e intelligenza. Sono loro ad aver fatto da collante, ad aver tenuto il gruppo unito anche nei momenti di tensione.
E pensare che questa squadra ha dovuto affrontare mille difficoltà. A gennaio la cessione di Kvaratskhelia, mai davvero sostituito. Poi gli infortuni di Buongiorno e Neres, fuori per gran parte del girone di ritorno. Eppure, il Napoli ha tenuto la barra dritta. Senza alibi, senza paura. Il gruppo ha resistito. Ha stretto i denti. E ci ha creduto, sempre.
Questo Napoli ha costruito la sua impresa un passo alla volta, senza mai perdere lucidità. Lo ha fatto in un campionato durissimo, combattuto fino alla fine con un’avversaria come l’Inter, finalista di Champions League, in un duello lungo mesi, giocato punto a punto. Ma alla fine, la costanza, la forza mentale e l’ambizione hanno avuto la meglio. La festa, ora, è tutta azzurra.
Il triplice fischio contro il Cagliari ha dato il via all’onda: lacrime, abbracci, cori, bandiere. Dai Quartieri Spagnoli a Posillipo, da Scampia a Fuorigrotta, è una sola voce: Napoli Campione. Il Napoli è Campione. Di nuovo. Una città si stringe ai suoi colori. 750 giorni dopo, l’azzurro torna a brillare sul tricolore.