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NAPOLI – Un ricorso in appello di oltre mille pagine che è riuscito a dimostrare che erano rapinatori in “trasferta” pronti a commettere rapine alle gioiellerie e non assassini. Così la Corte d’Assise d’Appello di Roma ha ribaltato la decisione di primo grado e assolto con formula piena tre napoletani accusati di aver ucciso il boss di Caivano, località a nord di Napoli, Modestino Pellino, a Nettuno, il 24 luglio del 2012. In primo grado erano stati condannati all’ergastolo il presunto esecutore materiale, Raffaele Laurenza, a 30 anni Raffaele Dell’Annunziata e a 28 Luigi Belardo. L’omicidio, seconda la Dda capitolina, era la scissione maturata all’interno del clan Ciccarelli per la gestione della fiorente piazza di spaccio della città di Caivano e soprattutto per i nuovi traffici di droga tra Formia e Nettuno. Furono incastrati dalle prove di dna ricavate su alcuni spazzolini da denti e lenzuola trovate in un appartamento a poche centinaia di metri dal luogo del delitto. Per l’accusa era la base per poi organizzare l’agguato. Versione questa confermata anche da molti pentiti. Gli avvocati Saverio Senese, Antonio Abet, Giuseppe Perfetto, hanno dimostrato invece che quella casa era sì una basa, ma per commettere rapine, mai avvenute, nella provicina di Roma.