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Napoli –  “Il derby del cuore”. Il Napoli da una parte, la Sampdoria dall’altra e lui nel bel mezzo dei ricordi della sua carriera, con il mare di Mergellina e quello di Genova che induce a tuffarsi nei sentimenti, a rievocare due delle sue patrie calcistiche. I ricordi di Claudio Bellucci, attualmente allenatore dell’Albissola, ex attaccante cresciuto nella Lodigiani è arrivato a calcare i palcoscenici importanti proprio grazie ai due club, si sprecano. Lui stesso li ha rivissuti ai microfoni di Anteprima24. “La gara dell’andata, è stata l‘unica partita dove la squadra di Carlo Ancelotti è stata messa sotto sia nel gioco che nel risultato e penso che gli azzurri avranno voglia di riscattarsi dopo la brutta figura di Marassi. Il Napoli contro il Milan ha avuto delle difficoltà nella doppia sfida. La Sampdoria gioca bene, con meccanismi assimilati. Da quanto c’è Giampaolo difficilmente sbaglia approccio e partita. Fatto sta che il Napoli deve tornare alla vittoria e per i blucerchiati sarà molto difficile”.

Ricordi su ricordi. Napoli e Genova, per lui, sono state due tappe fondamentali della carriera da calciatore. Napoli è una città che non dimentica, e Bellucci, anche se nei momenti più bui della storia della SSC Napoli, è rimasto nella mente dei napoletani con i suoi gol, alcuni dei quali preziosi per il ritorno della squadra in A nel 2000/2001. Momenti difficili, gol e infortuni, cadute e rinascite prima di assistere all’inizio della fine. “A Napoli ricordi eccezionali, incredibili. Giocare davanti a 50/60mila persone mi ha fatto sentire importante. Io venivo dalla Sampdoria, avevo fatto parecchie presenze in Serie A, però ero un ragazzino che veniva dal settore giovanile, anche se ero ben visto. Andai in prestito al Venezia e l’anno dopo approdai a Napoli. Avevo 20 anni e l’accoglienza che ci fu al “Napoli Jazz”, fu esaltante. C’erano tantissimi tifosi, lì ho capito che quello era il mio punto di arrivo, che ero un vero giocatore”.

Un legame forte quello tra il calciatore e la Liguria, da quando a 14 anni si trasferì a Genova per giocare nella Sampdoria. La vita calcistica di Bellucci inizia all’età di 18 anni, in una sera europea di aprile, al “Ferraris” contro l’Arsenal nella semifinale di Coppa della Coppe. Eriksson inserisce il ragazzo romano come mossa disperata. L’attaccante sigla una doppietta e si fa conoscere al mondo intero:  “La Sampdoria è la mia mamma. E’ stata la mia mamma nel senso calcistico vero. Io avevo 13 anni quando sono arrivato a Genova, quindi mi ha cresciuto a livello di uomo. La Samp mi ha fatto esordire in Serie A, mi ha fatto conoscere alla gente, mi ha fatto giocare in Europa. A livello personale le devo quasi tutto, mi ha fatto cambiare la vita. Poi sono ritornato in blucerchiato a 32 anni, una mia scelta, perchè era l’unica squadra in cui non ero andato in doppia cifra, dovevo chiudere il cerchio e a mio parere feci due stagioni eccezionali”.

Fabio Quagliarella è senza dubbio l’uomo più atteso del match. L’attaccante blucerchiato sfida il suo passato in quello che forse è il momento migliore di tutta la sua carriera, con la possibilità di farsi un regalo superando il record di Batistuta: “E’ la sua migliore stagione. Fabio è un esempio di professionalità oltre a essere un grandissimo calciatore. A mio figlio che gioca a calcio dico sempre che deve guardare Fabio Quagliarella, al modo in cui cura ogni dettaglio, in cui si muove in campo. Fabio è un esempio. Spero che il San Paolo, appena uscirà dal sottopassaggio, gli dedicherà l’ovazione che si merita.  L’augurio che gli faccio è di battere il record di Batistuta, lo merita per la carriera che ha fatto. Lui può far gol a tutti e all’andata ha segnato uno dei gol più belli degli ultimi 10 anni. E’ difficile ripetersi, anche perché a marcarlo ci sarà un certo Koulibaly, che ho visto in difficoltà solo martedì contro il Milan in Coppa Italia. Uno dei tre difensori più forti al mondo”.

Da un Quagliarella al massimo a un Lorenzo Insigne in astinenza da gol da più di tre mesi. L’attaccante partenopeo è forse l’emblema della crisi realizzativa che sta attraversando la squadra azzurra. Ad ogni modo, il numero 24 scenderà in campo per essere protagonista e per interrompere il suo digiuno: “Insigne lo vedo come Francesco Totti a Roma. Lui è il simbolo del Napoli. Un napoletano che gioca bene nella squadra dove è cresciuto e nato non lo trovi tutti i giorni, l’ultimo era stato Fabio Cannavaro. E’ difficilissimo essere profeti in patria, non è retorica questa. Piazze come Napoli e Roma sono difficilissime per via della pressione che ti mettono. Si pensa sempre che nella città dove sei nato tu debba dare il mille per mille e Insigne in questo  a livello caratteriale è stato grande. In passato ha avuto anche qualche problema con la tifoseria ma lui non ha mai abbassato la guardia e ha continuato sempre a lavorare per la squadra. Non si può giocare sempre al massimo per un anno di seguito, è normale che ogni tanto cali il livello di rendimento. Insigne è un grande giocatore e deve fare il bene del Napoli e della Nazionale, così siamo tutti più contenti”.