Sono tanti e sono arrabbiati. Sono i disoccupati dei Movimenti di Lotta 7 novembre e Cantiere 167 Scampia, “traditi” ieri dal crash della piattaforma, che chiedono innanzitutto libertà per i loro compagni arrestati e dopo la chiusura della vertenza con il blocco del bando fino all’inserimento a lavoro di tutti i disoccupati che hanno lottato.
“La trasparenza che ci guidava ieri è la stessa che ci guida oggi mentre vi mostriamo gli screenshot della piattaforma che alle 9 risultava bloccata: il movimento di lotta dei disoccupati che è in strada da 10 anni non ha usato alcuna violenza, la violenza al massimo arriva da chi sta nelle stanze dei bottoni e non si rende conto che centinaia di famiglie non possono essere abbandonate, commenta così Eduardo Sorge portavoce del Movimento di lotta disoccupati 7 novembre.
“Dopo 10 anni di lotta è ultra legittima la rabbia espressa dalle centinaia di donne e uomini che hanno scelto questa strada di lotta e di emancipazione. Ancora più nel clima di guerra, economia di guerra e decreti sicurezza”, sono le dichiarazioni congiunte delle platee storiche dei disoccupati scesi in piazza ieri e negli ultimi anni.
“Indietro non si torna: centinaia di donne e uomini aspettano da anni lavoro e dignità; non si può più aspettare. Veniamo dal margine, dalle periferie di questa città e la nostra lotta deve andare avanti. Le istituzioni, tutte, devono assumersi la responsabilità della conclusione vittoriosa di questa battaglia”, così Omero Benfenati, portavoce del Movimento di disoccupati Cantiere 167 di Scampia.
Indicazioni chiare dunque: la libertà per gli arrestati, a processo per direttissima e la conduzione in avanti della vertenza.
Rigettano le accuse di violenza gratuita arrivate dal sindaco e dal ministro degli interni, poiché convinti delle loro ragioni e continueranno la mobilitazione per il lavoro e la giustizia sociale.
Attualmente i movimenti dei disoccupati, raggiunti da tanti solidali dei movimenti sociali, sono in presidio al tribunale di piazzale Cenni.
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