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Napoli – Vittima innocente della camorra, le indagini sull’omicidio di Dario Scherillo, ucciso per errore durante la prima faida di Scampia, finiscono per arenarsi su un binario morto. Il gip del Tribunale di Napoli ha infatti deciso di accogliere la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura. Determinanti si sono purtroppo rivelate le discrepanze emerse dalle ricostruzioni rese dai tre collaboratori di giustizia che avevano fin qui contribuito allo sviluppo dell’inchiesta. 

Con la chiusura del caso tirano un sospiro di sollievo i due boss del clan degli Scissionisti, Raffaele Amato e Cesare Pagano, indicati dai pentiti come i mandanti dell’atroce delitto. Scherillo venne infatti trucidato ad appena 26 anni la sera del 6 dicembre 2004. Il giovane, impiegato in un’attività commerciale di Secondigliano, stava rientrando in scooter a Casavatore, comune nel quale viveva, quando venne trafitto da una pioggia di piombo che non gli lasciò alcuna possibilità di scampo. Da subito le indagini accertarono che la vittima non avesse alcun collegamento con la criminalità organizzata e che si trattava di uno scambio di persona, ma per inquadrare il movente del delitto fu necessario attendere le prime retate e, soprattuto i primi pentimenti. A gettare uno spiraglio di luce fu il collaboratore di giustizia Pasquale Riccio, il quale dichiarò che «l’omicidio di Scherillo fu il frutto di uno scambio di persona da parte degli Scissionisti», i quali stavano invece dando la caccia a un uomo dei Di Lauro, il clan aveva appena deciso di dichiarare guerra. Quello di Scherillo non fu purtroppo l’unico sangue innocente sparso dalla prima faida di Scampia. Esattamente un mese prima a cadere sotto i colpi dei killer era stato il disabile Antonio Landieri, ucciso ai Sette Palazzi di Scampia nel disperato tentativo di allontanarsi dalla scena all’arrivo del commando di morte. 
Tornando alle indagini sull’assassinio di Dario Scherillo, i pentiti Pasquale Riccio, Biagio Esposito e Carmine Cerrato (classe ’76) in questi anni hanno sempre puntato il dito contro il clan degli Scissionisti e in particolare contro i boss Raffaele Amato e Cesare Pagano. Nessuno dei collaboratori di giustizia è però riuscito a indicare in maniera inequivocabile quale dei due ras fosse stato l’effettivo mandante del delitto. Non solo, in nessuno degli interrogatori fin qui resi Amato e Pagano sono stati mai inquadrati con pari responsabilità. Tradotto, in alcuni casi la decisione è stata attribuita ad Amato, in altri a Pagano. Una situazione labirintica, preso atto della quale il 20 marzo scorso la Procura non ha potuto far altro che chiedere l’archiviazione delle indagini. Un dramma che ancora oggi, a distanza di oltre 14 anni, sembra non avere ancora fine.