- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Pisa – La Guardia di Finanza di Pisa ha scoperto con l’operazione “Petroloro” una frode nel settore del contrabbando di carburanti, autoriciclaggio e ricettazione.

Sono state seguite 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari e altre 8 misure personali tra obblighi di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. Le misure cautelari sono state eseguite a carico di soggetti residenti in provincia di Napoli, Caserta, Prato e Livorno. Sigilli a 3 società, 20 conti correnti, 103 veicoli tra auto, rimorchi, cisterne e moto per un valore di 14 milioni di euro.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pisa, hanno permesso di accertare che il prodotto petrolifero destinato ad autotrazione è stato ottenuto attraverso la miscelazione di olii e sostanze di varia natura con gasolio e benzina, al fine di celarne la presenza ed al contempo aumentare significativamente il volume del prodotto da immettere sul mercato. Le investigazioni hanno appurato che le operazioni di miscelazione hanno previsto l’impiego di olio fino al 50% del quantitativo di ogni singolo carico.

Il prodotto così ottenuto, definito “olio” dagli accoliti proprio a causa dell’alta percentuale dei prodotti da “taglio”, è stato stoccato, a cura dei vari trasportatori dell’organizzazione, dapprima in un deposito commerciale sito nel pisano e, successivamente, in altri impianti simili dislocati nelle province di Verona e Mantova.

Tra l’altro, l’organizzazione ha gestito il deposito pisano per le proprie illecite attività anche dopo la dichiarazione di fallimento della società titolare della relativa licenza fiscale: condotta per la quale agli affiliati è stata contestata anche la fattispecie di cui all’art. 216, comma 2, della legge fallimentare.

L’introduzione nei depositi riconducibili all’associazione a delinquere di cui trattasi è avvenuta in assenza di documentazione giustificativa ovvero con la scorta di documenti (cosiddetti DAS) falsi, sui quali è stato apposto anche il timbro dell’Ufficio delle Dogane abilmente falsificato.

Per la commercializzazione del prodotto sottratto all’imposta e frutto della miscelazione di olio con gasolio e benzina, sono state utilizzate diverse società, risultate essere mere “cartiere”, aventi il solo scopo di consentire all’organizzazione di emettere fattura ai clienti ed incassare i pagamenti da essi disposti.

I proventi dell’illecita attività sono stati reimpiegati nel traffico di prodotti energetici di “contrabbando”, per cui agli associati è stato contestato anche il reato di cui all’art. 648 ter c.p. Le lunghe e laboriose investigazioni hanno permesso di individuare l’intera organizzazione, dal vertice ai contabili, dai responsabili in loco dei vari depositi ai numerosi trasportatori, dai molteplici prestanomi delle società ai compilatori dei documenti falsi.

E’, inoltre, emerso che uno dei principali clienti dell’organizzazione ha immesso in commercio il prodotto, nella piena consapevolezza dell’avvenuta sottrazione all’accisa e della reale natura dello stesso. Il soggetto è stato, pertanto, indagato in ordine al reato di cui all’art. 648 c.p. e nei confronti della società, nell’interesse e a vantaggio della quale è stato commesso l’illecito, è stata applicata la normativa sulla responsabilità amministrativa da reato in relazione alla predetta fattispecie delittuosa.

Allo stato delle indagini l’accisa evasa è pari a circa € 6.500.000, mentre il totale di prodotto fraudolentemente sottratto all’accisa ammonta a lt. 9.704.956,71.