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“Come vescovi e pastori siamo addolorati e preoccupati. Addolorati perché il nostro territorio, nonostante gli sforzi di tante persone buone e oneste, continua a essere provocato e martoriato. Preoccupati perché, ancora oggi, continua a esserci una illegalità diffusa e dove la violenza e il linguaggio bruto e oscuro delle armi, continuano a seminare morte e disperazione. Ancora una volta siamo costretti a piangere per la morte di un giovane figlio di questa nostra amata e martoriata Città. Oggi ci rivolgiamo a te, Francesco Pio e ti chiediamo perdono perché non abbiamo saputo proteggerti; ti chiediamo perdono perché non abbiamo saputo accompagnarti nel tuo cammino di crescita; ti chiediamo perdono perché con te si spezza il sogno di un futuro onesto che ha accompagnato la tua giovane vita”. E’ quanto scrivono, in una nota, il vescovo di Pozzuoli, Gennaro Pascarella e il vescovo coadiutore Carlo Villano per la morte di Francesco Pio Maimone.

“Un futuro che una mano violenta ed assassina ha negato a te, ma inquina anche i sogni di tanti giovani che scelgono di vivere e programmare la loro speranza di vita nella propria Città. Chi investe il proprio futuro nella propria terra non può pagare un prezzo così alto, non può pagare con il prezzo della sua stessa vita. Come vescovi e pastori siamo consapevoli che si rende sempre più necessario quel patto educativo che, con la Chiesa di Napoli, con il nostro fratello vescovo don Mimmo, con le forze sane della Città, dice a tutti che abbiamo a cuore la vita dei nostri giovani; come Chiesa vogliamo accompagnarli ed investire ogni nostra forza sul loro presente e sul loro futuro”, aggiungono i due presuli. “Caro figlio Francesco Pio, il dolore della tua vita negata, il dolore della tua famiglia, è il dolore di tutta la Chiesa, di tutta la nostra Chiesa di Pozzuoli. Oggi sentiamo di abbracciare forte tutta la tua famiglia, coloro che ti hanno messo al mondo, che ti hanno donato tutto il proprio amore e che hanno coltivato con te una speranza di vita buona. È un abbraccio che vuole esprimere tutta la nostra vicinanza e la condivisione del dolore della tua famiglia per te, fratello e figlio nostro Francesco Pio. Sale forte un appello perché questa nostra Città, ammirata e amata in tutto il mondo, possa con convinzione dire il suo no alla sopraffazione e alla violenza. Non possiamo abituarci alla logica di chi decide che, con un colpo di pistola, si può porre fine ad una giovane vita. Vogliamo gridarlo con forza: non possiamo abituarci”.

“Non possiamo nasconderlo: da quella notte di follia siamo ancora più preoccupati e inquieti per i nostri giovani, per chi sceglie di trascorrere con amici una serata piacevole e non torna più a casa. Tutto questo non può essere possibile, Napoli non può permettere che questo accada ai suoi figli; siamo inquieti, il nostro cuore non trova riposo, è agitato, è tormentato. Al nostro popolo, al popolo che vive con noi le ansie e le sfide del nostro territorio supplichiamo di non arrendersi, di non assuefarsi alla violenza e alla logica conseguenza di una vita spezzata. Diciamo che non si può andare in giro armati, diciamo che l’unico linguaggio che mai potremo accettare è quello delle armi, perché è linguaggio che parla solo di violenza e di morte. Da questo cancro, da questa criminalità organizzata, che mina e uccide le coscienze e la nostra società, noi vogliamo liberarci. Lo chiediamo alle istituzioni ma lo chiediamo soprattutto a ciascuno di noi; perché è nel nostro agire quotidiano, quello personale e sociale, che noi siamo chiamati a dire no alla violenza, no alla sopraffazione, no alla logica del più forte e del più furbo”, dicono il vescovo di Pozzuoli e il vescovo coadiutore. “L’ultimo pensiero ancora per te, figlio nostro Francesco Pio: come Chiesa siamo ancora più convinti nel proseguire il cammino intrapreso perché possa aprirci ad orizzonti più ampi di legalità e possa accompagnare i nostri giovani nella ricerca autentica del senso della vita. Lo dobbiamo a te caro Francesco Pio, lo dobbiamo alla tua famiglia, al Signore della Vita che ci chiede di custodire e accompagnare il suo popolo”, dicono i due presuli.