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Napoli – Quando la macchina di Omero dalla metro di Scampia si avvicina al cantiere le mani sul volante cominciano a tremare di emozione. E sulla faccia si allarga un sorriso. “Guarda, guarda là. Incredibile, ancora non ci credo. Ce l’abbiamo fatta”.

L’enorme pinza butta giù le ultime pareti della Vela Verde sventrata. “Visto che spazio, io qui ci immagino lo stadio. Sai che bello, lo stadio a Scampia” dice e nei suoi occhi sembra già di vederlo. Gli idranti continuano a gettare acqua per spegnere la polvere, mentre il terreno continua ad inghiottire quell’immagine di Gomorra che Omero, Lorenzo e gli altri del Comitato Vele da anni lottano per cancellare. Nel fango si mischiano pezzi di ferro e anni di battaglie per dare dignità a chi vive in un quartiere martoriato dalla disoccupazione, dalla criminalità e dalle promesse mai mantenute della politica. Ci sono pezzi di scale e di ricordi. Si cammina sui detriti e sulla rinascita.

Tra i dieci operai del cantiere, cinque sono disoccupati di Scampia: una clausola voluta e ottenuta dal Comitato. “Oggi diciamo dopo 30 anni di lotta che abbiamo vinto in parte. Perché questo è solo l’inizio di una Scampia di lotta, resistenza e di riconquista” spiega Omero mentre la super pinza più volte si abbatte su quelle che un tempo erano le mura di decine e decine di appartamenti. “Guarda, è resistente come noi questa Vela”, sorride.

I calcinacci cadono su quello che una volta era il parcheggio, sulle pareti c’è ancora un Babbo Natale dipinto. Resta l’ultimo rudere. Dalle Vele di fronte qualcuno si affaccia, ora torna a vedere la strada fino in fondo.  Il Comitato ha installato su uno di quei balconi anche una camera per riprendere un momento storico e un giorno farne un timelapse. Pochi istanti e uno degli ultimi muri viene giù. Omero già pensa a stasera quando insieme agli altri abitanti isserà uno striscione proprio lì: dove la Vela sparisce e dove Scampia rinasce.