- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

Napoli – Perse entrambe le mani negli anni novanta. Gli saltarono con un petardo e da allora girava con un maggiordomo tuttofare. Gaetano Mariano nell’agosto del 2013 decise di lasciare Napoli per Terracina. C’era “malacqua”. Era in corso la terza faida di Scampia, tra il clan Abete-Abbinante-Notturno contro la Vanella Grassi. E i Marino erano giusto al centro. Due fratelli e il fratello ucciso, un altro al carcere duro, Gaetano era finito nel mirino e anche se con una grave disabilità era la preda. Un’auto, degli appostamenti durati giorni, una casa in affitto e infine 11 colpi di pistola davanti a decine di bagnati atterriti. Così uccidono i killer di “Gomorra” e ancora una volta la realtà supera di gran lunga l’immaginazione. Il giudice per le indagini preliminari Anna Maria Gavoni ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per quattro dei killer che dalla “Case Celesti” sono partiti per Terracina armati di mitra. In manette sono così finiti il 27enne boss Arcangelo Abbinante e il 41enne Giuseppe Montanera, accusati di essere rispettivamente l’esecutore e il coesecutore dell’agguato. L’arresto è scattato anche per il 50enne Carmine Rovai e il 55enne Salvatore Ciotola, che avrebbero invece fornito l’appoggio logistico al gruppo di fuoco partito da Napoli. Ma a leggere gli atti dell’ordinanza si riescono a cogliere i particolari che hanno usato i sicari per mettere a segno il delitto. Guanti in lattici, giubbotti usa e getta, e case d’appoggio per stazionare ed evitare posti di blocco. Il racconto lo fa per primo Pasquale Riccio “’o palluso”, boss del clan Abbinante che ha deciso di passare dalla parte dello Stato e ha squarciato il velo di omertà che era piombato sulla vicenda.

LE NUOVE RIVELAZIONI. «Sono stati Arcangelo Abbinante e Giuseppe Montanera», ha riferito ai pm della Dda di Napoli che stanno ricostruendo, in collaborazione con quella di Roma, di conoscere i nomi e le fasi organizzative dell’omicidio. Lo fa quando parla del delitto di Modestino Pellino, capoclan dei Moccia ammazzato a Nettuno. I killer volevano usare lo stesso appartamento che avevano usato i sicari di Pellino poi si decisione di virare su un’altra casa. Il pentito racconta anche che era coinvolto nell’omicidio Mattia Iavarone, il ragazzo che fu trovato a Cardito crivellato di proiettili in un’auto nell’aprile del 2014. Era stato lui a modificare le auto dei sicari e a farle sparire al ritorno. Iavarone era un “ragazzo” al servizio di Antonio Ciccarelli, boss del parco Verde di Caivano, alleato degli Abete- Abbinante.

RETROSCENA INEDITO. Ma ecco uno stralcio di quel verbale, datato 16 gennaio, nel quale Riccio riferisce dei due omicidi. «I rapporti tra noi gli Abete-Abbinante e Antonio Ciccarelli erano ottimi, anche di carattere criminale tanto che costui diede appoggio a molti dei nostri killer quando, commesso un omicidio avevano bisogno di riparare a Caivano per sottrarsi alle indagini, come accadde in numerose occasione durante la faida di Scampia del 2012, ci distrusse anche delle autovetture utilizzate per mettere a segno alcuni delitti, lo stesso Mattia Iavarone realizzò sistemi nelle auto ed elaborazioni al motore, come nella Fiat Grande Punto usata nell’omicidio di Gaetano Marino, autovettura che, dopo l’omicidio Mariano, venne poi consegnata proprio ad Antonio Ciccarelli, che la diede a Mattia Iavarone il quale a sua volta si fece carico della demolizione del mezzo».