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Stamane, a Napoli, nella chiesa principale della Casa Circondariale “G. Salvia” di Poggioreale è andato in scena lo spettacolo teatrale “La Macchia”, per la regia di Riccardo Sergio. Un’iniziativa sostenuta dal Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Samuele Ciambriello e dalla Giunta Regionale della Campania. Il progetto ha visto la luce grazie a un laboratorio teatrale guidato dall’Associazione di Promozione Sociale Polluce con i detenuti del Padiglione Genova di Poggioreale. 

Un laboratorio durato quattro mesi che ha portato i ristretti a mettere in scena uno spettacolo di cui hanno curato sia la drammaturgia che la creazione dei costumi. 

Ne è risultata una matinée di grande partecipazione in quello che, ha sottolineato il Garante Ciambriello, “è il carcere più sovraffollato d’Europa ma anche quello con il maggior numero di volontari”. 

Al centro della pièce la presenza inquietante della macchia che, fa notare la regia “assume via via significati diversi – colpa, vergogna, segreto, ferita, identità – tutti emersi attraverso un lavoro collettivo che non cerca risposte definitive, non ne offre, ma produce una materia viva, sempre in trasformazione”.

Uno spettacolo apparentemente leggero – ha detto il direttore dell’Istituto Stefano Martone – ma con un messaggio da consegnare, basato su un significato profondo: non bisogna ignorare la macchia, questo è vero, ma occorre andare oltre essa, guardare oltre”. La magistrata di sorveglianza Maria Picardi ha sottolineato l’importanza dell’interesse verso i più giovani reclusi e quella della scuola come luogo aperto in cui affrontare ed elaborare temi sociali di importanza centrale come quello del carcere. “Momenti come questo ci fanno pensare a chi eravamo, chi siamo ora e chi potremmo essere in futuro”, ha detto un detenuto dopo la rappresentazione e nel momento dei saluti. Finali quelli del Garante Ciambriello che ha speso parole sul significato di queste iniziative “che – ha detto –infrangono il muro dell’indifferenza e sono momenti di aggregazione e condivisione fondamentali perché diversi da quelli che hanno condotto in carcere”.