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Napoli – E’ riuscito a divincolarsi, durante una colluttazione, dopo essere stato rapito davanti al padre bloccato dai banditi: tentativo di sequestro andato male, per fortuna, a Marano, in provincia di Napoli.
Il grave episodio, avvenuto alle 19 dello scorso 26 novembre ha visto protagonisti un imprenditore di 76 anni, Vincenzo Sarracino, e suo figlio Raffaele, un ingegnere, che di anni ne ha 41. Padre e figlio stavano rincasando a bordo della loro BMW quando una banda di malviventi, composta da 4-5 persone è entrata in azione. I banditi, tutti con il volto coperto e armati di pistola, hanno circondato la vettura quando questa si è fermata davanti alla loro abitazione di via Eschilo. I malviventi hanno bloccato l’imprenditore e preso il figlio, fatto salire con la forza su un furgone che poi è allontanato a tutta velocità.
Ad una manciata di chilometri dal luogo del rapimento, precisamente in località Castel Belvedere, però, secondo quanto si è appreso, l’ingegnere ha ingaggiato una colluttazione con i suoi rapitori dalla quale è uscito vincente.
Sull’accaduto sono in corso indagini da parte dei carabinieri della Compagnia di Marano. Sul luogo del sequestro sono state eseguiti i rilievi da parte del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna che hanno anche acquisito le immagini dei sistemi di videosorveglianza della zona.
Secondo quanto riferito dalle vittime agli investigatori, sia il padre, sia il figlio non avrebbero subito minacce e neppure risulta, al momento, che sia stato pagato un riscatto.
L’ingegnere, prima di essere ascoltato dagli investigatori, è stato medicato dai sanitari dell’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli: i medici hanno giudicato le lesioni al volto e alla tempia rimediate durante la colluttazione guaribili in quindici giorni.
Va sottolineato che nella zona di Marano fanno affari illeciti diverse organizzazioni criminali – i clan Orlando, Nuvoletta e Polverino – e quindi non è escluso che il tentativo di rapimento possa essere riconducibile alle attività illecite della malavita locale. Nel febbraio del 2020, un operaio napoletano di 30 anni venne sequestrato dalla camorra a scopo di estorsione: in carcere finirono 15 persone ritenute affiliate ai clan Lo Russo, Amato Pagano e Vinella Grassi, alleatesi per autofinanziarsi con quel rapimento: la vittima, alla quale volevano tagliare le dita da spedire alla madre, faceva parte, secondo le informazioni in possesso dei clan, di una famiglia con una certa disponibilità finanziaria.