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Napoli  – Era incensurato. Si guadagnava da vivere facendo lavori saltuari. Ma era il figlio illegittimo di Giuseppe De Luca Bossa, fratello di Antonio De Luca Bossa, detto “Tonino o’ sicco”, ergastolano ed elemento di vertice dell’omonimo clan di camorra che fa i suoi affari illeciti del quartiere Ponticelli di Napoli. Chi ha ucciso il 23enne Carmine D’Onofrio ha potuto vederlo bene in faccia: gli si è parato davanti e ha sparato ben sette volte, con una calibro 45, contro quel ragazzo sceso dalla sua Fiat Panda nera appena parcheggiata. E questo aspetto porta a ritenere che si tratti di un omicidio trasversale deciso per colpire le parentele “eccellenti” della vittima.

D’Onofrio lascia la compagna, una ragazza di 20 anni, in attesa di un figlio, che era con lui ed ha assistito alla tragedia avvenuta alle 2 di notte, all’altezza del civico 51 di via Luigi Crisconio. Per fortuna, prima di sistemare la vettura con il lato passeggero aderente al muto, l’ha fatta scendere dalla vettura. E questo aspetto, verosimilmente, ha evitato che la tragedia potesse essere ancora più pensate. A quanto pare non c’erano sistemi di videosorveglianza nella zona dell’agguato. A trasportare D’Onofrio nel Pronto Soccorso di Villa Betania, dove è morto poco dopo l’arrivo, sono stati alcuni familiari.

La scorsa notte, come stamattina, parenti e amici della giovane vittima non hanno potuto trattenere il loro grido di dolore una volta giunti sul luogo dell’agguato. “Non possiamo consentire che nella terza città d’Italia si combatta una guerra di camorra che minacci l’incolumità e la sicurezza dei cittadini. Quello che sta avvenendo alla periferia Est di Napoli, nel quartiere di Ponticelli, è una tragedia annunciata”, ha detto il senatore Sandro Ruotolo, del Gruppo Misto.

“Solo di qualche giorno fa l’esplosione di una bomba che, per fortuna, solo di striscio ha colpito una mamma in compagnia del figlio”, ricorda il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli che chiede un intervento urgente dello Stato. “Ponticelli vive una delle stagioni più buie della sua storia, – ha sottolineato Borrelli – va presidiato il territorio e sgominate le bande di criminali per garantire alla gente perbene di vivere in sicurezza e dignitosamente”.

Gli investigatori, che indagato a 360 gradi, ritengono che l’omicidio rappresenti un pessimo segnale per la periferia ad est di Napoli dove il clan De Luca Bossa si è impadronito degli affari illegali soprattutto dopo il ridimensionamento del clan guidato dal boss Marco De Micco, soprannominato “Bodo“, decimati da un maxi blitz eseguito nel novembre del 2017 da forze dell’ordine e magistratura. Tra la fine di febbraio e marzo 2020, inoltre, è tornato in libertà Emmanuel De Luca Bossa, il secondo figlio di Antonio De Luca Bossa, anche lui giovanissimo: una “testa calda” la cui storia criminale è stata più volte paragonata a quella di “Sangue Blu”, noto personaggio di “Gomorra La Serie”.