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Napoli – Se solo Insigne avesse pensato a quella maglia gettata a terra nell’infausta notte di Napoli-Athletic Bilbao. Se solo avesse pensato a come il popolo azzurro sia stato subito in grado di andare oltre, di voltare pagina, di cancellare un gesto che da queste parti somiglia a una piccola scomunica. Se solo, al momento di tirare fuori lo spumante per brindare al ricco contratto che lo porterà a vivere da nababbo dall’altra parte dell’oceano, Insigne avesse ripercorso alcune delle tappe del suo passato partenopeo, forse lo avrebbe capito che firmare a due giorni dalla sfida con la Juventus sarebbe stato come rigettarla a terra, quella maglia. E calpestarla.

Gli hanno perdonato tutto, i tifosi del Napoli. Aveva 23 anni quella calda notte, era un ragazzino, rispose ai fischi con aria di sfida. Agitò la mano, sguardo inferocito, si levò la maglia e la trattò come un vecchio asciugamano. Da allora sono passati sette anni e mezzo, e di cose ne sono accadute, oltre al mai scontato perdono.

Ha il diritto di cambiare vita, Insigne, ma non è di questo che si discute. Le sue ragioni le ha tutte, complice una società che ne ha osteggiato il rinnovo stuzzicando la pazienza del suo agente. Una guerra fredda combattuta sulla tensione, su rinvii tanto simili a congelamenti. Strappi, nessun dialogo, forse prese in giro, chissà. Nelle segrete stanze del calciomercato succede di tutto, non esistono custodi della verità, ma che Insigne abbia scelto di smettere col calcio che conta per sposare lussuose cause economiche è un fatto. E di questo fatto De Laurentiis non può non essere un responsabile.

Non è riuscito a essere più forte del suo presidente, Lorenzo Insigne da Frattamaggiore, né della tentazione chiamata denaro. L’argomento divide, genera discussioni e malcontenti, ma pure qualche interrogativo. Come vivrà i mesi che lo separeranno dall’addio di giugno? Da separato in casa o da pedina effettivamente utilizzabile da Spalletti? E il tecnico di Certaldo, alle prese con un nuovo caso dopo aver affrontato già in carriera quelli spinosi di Icardi e Totti, come gestirà in prima persona la situazione?

I più romantici leggeranno nel trasferimento a Toronto la volontà di non preferire al Napoli un’altra destinazione europea, ma quella fascia di capitano ha un peso notevole ai piedi del Vesuvio, e lui l’ha dimenticato. Bruscolotti la diede senza indugio a Maradona nel momento dello sbarco del Pibe de Oro sul pianeta Partenope. Cannavaro e Montervino l’hanno onorata nei momenti più difficili costruendo una splendida rinascita. Hamsik l’ha riportata alla luce di meravigliosi riflettori europei. Insigne l’ha trasferita idealmente in una stanza d’albergo romana, a stagione in corso, brindando a qualcosa distante migliaia e migliaia di chilometri. A una ‘casetta in Canadà’. Una bandiera ammainata, un pessimo segnale. Quanto è brutto andar via così.