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Napoli – Si sentono intellettuali rivoluzionari,  mentre infrangono il più importante dei diritti: quello alla salute. E cosa peggiore lo fanno brandendo e abusando del tesserino da giornalista professionista. Come  l’ex direttore del Museo Madre di Napoli, Edoardo Cicelyn che oggi dalle pagine del Corriere ci racconta che se ne va con lo scooter “a zonzo” per la città. “Fingo di andare a fare la spesa. Certo qualche volta mi fermo a fare la fila al supermercato, ma una volta su quattro. Con la tessera da giornalista in tasca mi sento al sicuro da eventuali annunciatissime denunce”. Complimentoni vivissimi al nuovo Che Guevara del Coronavirus. Mentre tutti gli altri stanno a casa e non escono se non per motivi urgenti e necessari come chiede il Governo per contenere la diffusione del contagio, Cicelyn, infrange le disposizioni e lo dichiara come se nulla fosse su un quotidiano. Alla faccia del buon esempio. E’ la rivoluzione cicelyana: quella di scorazzare sul motorino per la città fingendosi uno che va a fare la spesa o un giornalista che deve fare informazione per i cittadini (alla faccia di chi, tra mille difficoltà, lo sta facendo sul serio). Il filosofo – perché sì ha anche una laurea in filosofia – ogni giorno alle 12,30,  prende lo scooter e per un paio d’ore va “a zonzo nella città deserta e bellissima“. “Prendo aria, luce e sapore di mare perché alla fine lo scooter mi porta sempre dalle parti di Posillipo, Marechiaro, Coroglio, Mergellina e via Caracciolo” scrive nel suo taccuino da reporter di guerra. Ma l’aria a quanto pare non ossigena abbastanza. Se Cicelyn afferma che tanto così non costituisce un pericolo di contagio, ma non capisce che se tutti – soprattutto leggendolo – facessero lo stesso sarebbe la fine. Anzi quasi sembra invitare a farlo. “In effetti sfido il coprifuoco – dice ancora –. Fuggire due ore al giorno dalla prigione casalinga a cui siamo stati consegnati è perciò una protesta solitaria contro una politica che non trova niente di meglio che attaccare la vita. Un modo per prendere una boccata d’aria prima che i polmoni siano attaccati dal virus dell’angoscia”. Ma che protesta è? Vaglielo a spiegare a quelli finiti nelle bare sui camion dell’esercito a Bergamo. O a chi in trincea ci sta davvero ogni giorno. Come i medici, gli autisti, gli operatori Asìa, i camionisti, i volontari. E’ il momento del buon esempio, dell’invito non a scorazzare sui motorini, ma a restare a casa. Di prenderci così cura degli altri. E’ questo ora il vero ed unico atto rivoluzionario.