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E’ una storia meravigliosa tutta da raccontare, con un’aura non a caso leggendaria e così a quasi 30 anni dalla sua morte (il 4 giugno 1994 a soli 41 anni) Lello Arena con cui ha condiviso esordi ragazzini per le strade di San Giorgio a Cremano e poi il grande successo in teatro e in tv con La Smorfia negli anni ’70 e con i film mitici Ricomincio da tre, No grazie il caffè mi rende nervoso, Scusate il ritardo (“fatti con una cura incredibile anche se sembrano improvvisati“), si è deciso a vuotare il sacco e a raccontare il suo legame con Massimo Troisi.

Esce per Rizzoli ‘C’era una volta‘, sottotitolo affatto casuale ‘la fiaba un po’ storta di un incontro incredibile‘. Un fiume di aneddoti, tante risate ad ogni pagina perché te li immagini vivere quelle situazioni e quindi impossibile non divertirsi leggendo le frasi dell’uno e dell’altro, sin dal primo magico incontro nel 1973 per una recita teatrale alla parrocchia di Sant’Anna e però anche le ombre tristi di un rapporto cominciato da minorenni e cementato da anni e anni di convivenza a Roma e che sul finale si era irrimediabilmente perso.

Perchè proprio ora?Ho 67 anni – dice all’ANSA Lello Arena che Troisi chiamava Rafè – mi immagino rincitrullito a 90 anni, ora sono all’inizio così ho pensato meglio farlo ora, ma è stata durissima, ho fatto ricerche per due anni, ritracciato documenti e fotografie. Era un atto necessario, per chiarezza. Racconto quello che mi ricordo io, ce ne vorrebbe un altro fatto da Enzo Decaro ad esempio. Troisi è un universo gigantesco, una persona unica, straordinaria nel senso letterale della parola, intransigente a livelli inimmaginabili. Quando vivevamo insieme a Roma era un bene per tutti che si alzasse alle 14 perché una giornata intera con le sue invenzioni, idee, fughe in avanti sarebbe stata impossibile da gestire“.

Un episodio esemplare riguarda gli alieni: Troisi alla finestra che aspetta di vederli per diventare famoso ‘senza fare niente‘, che era un po’ il suo mantra di vita. Arena osserva: l’unico a non capire che era Troisi era proprio lui!

Nel libro Arena, che con Decaro sta preparando la mostra permanente al Pan, il Palazzo delle Arti a Napoli, fa i conti con i suoi dolori, a tutti i costi. “E’ stata la scelta primaria altrimenti non avrei detto si al libro, nel momento in cui ho accettato non potevo tenere i segreti per me, dovevo raccontare la verità, anche se non ho scritto per quello e i rimpianti restano tutti”.

Non ho mai capito, per esempio, come e perché non gli sia venuta la curiosità di conoscere la mia prima figlia, Valentina“, scrive Arena che racconta con “il cuore in mano” quando le loro strade presero a dividersi, quasi naturalmente con le rispettive affermazioni da un punto di vista professionale ma incomprensibilmente, quasi come una sfida reciproca a chi teneva di più il gioco, dal punto di vista umano.

Fatto è che a dividerli fu Le vie del signore sono finite: Arena racconta la preparazione del personaggio di Orlando, minuziosa, complessa, dialettica come ogni loro cosa e lo choc della telefonata di Troisi che ci aveva ripensato e comunicava di aver deciso di dare il ruolo a Massimo Bonetti e proponeva un personaggio secondario. “Gli dico di no e a questo punto si mette in moto qualcosa di spaventoso. Sta di fatto che questo gruppo di eccellenti professionisti, questo fior fiore di geni del cinema italiano, fa arrivare una comunicazione a Massimo nella quale lo si mette in guardia sul fatto che la mia assenza nel film potrebbe creare seri problemi. Anche al film stesso. Massimo, come del resto avrei fatto anche io, reagisce malissimo ma commette un solo errore. Pensa che io faccia parte di questo gruppo di pressione, mentre la verità è che io non ne so assolutamente niente – scrive Arena -. Nei giorni successivi, provo per ben tre volte a chiamare Massimo e, non ricevendo risposta, gli lascio dei messaggi nei quali chiedo di poter parlare con lui. Senza risultato“.

Fine della storia, correva l’anno 1987. Sette lunghi anni senza che uno o l’altro facessero gesti di avvicinamento in un gioco di silenzi “terribile, inutile, tragico” dice Arena che non può cancellare una storia incredibile, unica. Traspare per le oltre 200 pagine del libro, un grandissimo affetto: “quando è morto ho giurato a me stesso di fare qualunque cosa per ricordarlo, essere testimone: ho avuto la fortuna di incrociare la sua luce e ne sono eternamente grato“.

Tutto questo materiale umano potrebbe diventare uno spettacolo teatrale?Dovrei parlarne ad Enzo, una piece in cui noi anziani ci ricordiamo il passato, ma dovremmo essere liberi di testa veramente, altrimenti sarebbe una grande sofferenza tutte le sere“.