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La lingua napoletana bene immateriale protetto dall’Unesco? La possibilità di un riconoscimento dell’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di tutela del patrimonio artistico, culturale e scientifico mondiale è stata analizzata oggi, con la partecipazione di docenti e artisti nel corso della riunione della commissione Cultura.

La riunione è stata presieduta Elena Coccia e ha visto la partecipazione di:  l’ambasciatore Francesco Caruso, consigliere del presidente della Regione Campania con delega ai rapporti internazionali e all’Unesco, il presidente dell’Accademia napoletana Massimiliano Verde, il docente di linguistica italiana e dialettologia dell’Ateneo Federiciano Nicola De Blasi, il poeta Nazario Bruno e l’attore Ciro Ridolfini e il professor Ermete Ferraro.

La proposta è stata formalizzata da Massimiliano Verde che con  l’Accademia Napoletana si occupa da qualche anno di valorizzare e preservare il patrimonio rappresentato dalla lingua napoletana e dalla produzione artistica in lingua madre elaborata nel corso dei secoli da scrittori, poeti, compositori, drammaturghi. Per questo, in occasione della Giornata Internazionale della Lingua Materna, fissata dalle Nazioni Unite il 21 febbraio, ha scritto all’Unesco per chiedere una tutela del napoletano dai rischi che potrebbero derivare alla conservazione del patrimonio culturale e artistico dal progressivo esaurirsi della tradizione orale. Un’attività di tutela, ma anche di diffusione della forma scritta, portata avanti attraverso corsi di formazione e realizzata in collaborazione con altre realtà analoghe presenti in altri Paesi, dalla Spagna, agli Stati Uniti fino al Sud America, luoghi nei quali è da tempo avviata un’attività comune per la tutela e la diffusione della lingua materna.

Per elaborare una proposta, secondo il professore De Blasi, occorre chiarire che il napoletano è la varietà linguistica parlata a Napoli con origini derivanti dal latino, come molti altri dialetti italiani. Di questo si occupa lo studio della dialettologia italiana, che descrive e studia le differenze tra i vari dialetti, ognuno dei quali ha una sua importanza e dignità che va salvaguardata. Per questo, se si vuole affermare una particolarità del napoletano, non la si può ricercare nella sua diversità dall’italiano, ma nella ricchezza e nella grande produzione artistica che si è prodotta in questa lingua nel corso dei secoli

Prima di pensare all’insegnamento del napoletano, per il poeta Bruno, va ricercata l’omogeneità della lingua, creando un’accademia con una commissione scientifica e facendo riferimento agli accademici che studiano il dialetto. Il napoletano, senza nulla togliere ad altre lingue locali, va salvaguardato per la sua ricchezza e va insegnato prima che rischi di diventare una lingua morta e per questo, ha osservato Ermete Ferraro, insegnante e promotore di diversi laboratori di dialetto in alcune scuole medie cittadine, una legge regionale che desse cornice normativa alla materia, magari istituendo un istituto ad hoc, potrebbe essere di grande aiuto. Secondo l’attore e poeta Ciro Ridfolfini, che alla commissione ha regalato una sua composizione, l’espressività è fondamentale e non va dimenticato che il napoletano è una lingua con un carattere dominante che è quello dell’oralità.

I parametri dell’Unesco, ha spiegato l’ambasciatore Caruso, sono quelli di conservare luoghi a rischio, che vengono tutelati come beni materiali, o salvaguardare valori e patrimoni simbolici, nel caso dei beni immateriali, come avvenuto con l’arte dei pizzaiuoli napoletani. Sui criteri di scelta tra diverse proposte, invece, ci si basa sui concetti dell’unicità e della eccezionalità del luogo o del sito per i beni materiali, mentre per quelli immateriali manca ancora una catalogazione definita, ferma restando la scelta dell’Unesco di non allargare troppo le maglie dei riconoscimenti, anche per evitare contrapposizioni tra richieste di contenuto analogo. Nel caso di una linguia da tutelare diventa quindi difficile parlare di un fenomeno unico, mentre potrebbe diventarlo associando la lingua alle produzioni artistiche che l’hanno utilizzata nel corso dei secoli, dalla canzone alla letteratura, e questo potrebbe aprire la strada ad un possibile riconoscimento.

La Regione Campania, su questo aspetto, sta lavorando alla creazione di un Osservatorio dell’immateriale, e per questo sarebbe utile lavorare insieme a partire dalla diffusione di corsi specifici nelle scuole, come proposto dall’assessora Fortini nell’ambito del progetto “Scuola viva”. In una prossima riunione, ha concluso la presidente Coccia, sarà approfondito l’aspetto della collaborazione con la Regione, da estendere anche al tema del contrasto alla gentrificazione del centro storico di Napoli.