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I livelli di glicemia nel sangue potrebbero predire la prognosi dei pazienti con melanoma metastatico in trattamento con l’immunoterapia. Se infatti la glicemia è alta, anche in assenza di diabete, la prognosi è peggiore e la sopravvivenza alla malattia si dimezza. A fare luce su questa associazione è uno studio condotto da Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, presentato al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco).
    “Con la scoperta del ruolo della glicemia nei pazienti con melanoma potremmo aver individuato un nuovo potenziale marcatore prognostico che ci consentirebbe di migliorare la risposta dei pazienti ai trattamenti”, commenta Ascierto. Lo studio ha coinvolto 1079 pazienti non diabetici con melanoma metastatico trattati con immunoterapia. I ricercatori hanno misurato i livelli di glucosio nel sangue, individuando come soglia il valore di 93.33 mg/dL. I risultati hanno mostrato che i pazienti con glicemia bassa hanno quasi il doppio della sopravvivenza globale mediana rispetto ai pazienti con glicemia elevata (27.7 mesi contro i 14.5 mesi). Per quanto riguarda la sopravvivenza libera da progressione di malattia, i pazienti con glicemia bassa hanno registrato circa il 72% in più di tempo mediano senza progressione (7.4 mesi contro i 4.3 mesi). Inoltre, l’analisi di 95 campioni di Rna ha mostrato un’associazione tra glicemia e geni correlati all’attività infiammatoria e alla regolazione del ciclo cellulare. “Oltre al valore prognostico, la scoperta del ruolo della glicemia consente di identificare i pazienti non diabetici a maggior rischio di una risposta meno favorevole all’immunoterapia e di una progressione della malattia più rapida – sottolinea Ascierto -. La forte associazione tra glicemia elevata e infiammazione suggerisce che la modulazione della glicemia potrebbe rappresentare una strategia per migliorare l’efficacia dell’immunoterapia. Ipotizziamo, infatti, che i pazienti potrebbero beneficiare di modifiche dello stile di vita e di interventi dietetici mirati ad abbassare la glicemia”. Non è escluso neanche lo sviluppo di nuovi approcci farmacologici. “Se confermati, i nostri risultati potrebbero portare all’introduzione della valutazione della glicemia basale come parametro da considerare nella stratificazione del rischio e nella pianificazione terapeutica”, conclude Ascierto.