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Benvenuti a Melito, città nemica della camorra, recita un cartello pubblico. La pensa diversamente la Dda di Napoli, dopo il blitz della Dia da 18 arresti, eseguito stamane. A Melito la camorra condizionerebbe la vita democratica. E i proclami legalitari sarebbero solo di facciata. Ad esempio, quelli del sindaco Luciano Mottola, condotto in carcere con l’accusa di scambio elettorale politico mafioso. Mottola, 38 anni, è un giornalista iscritto all’Ordine della Campania. È stato corrispondente da Melito per diverse testate, prima di lanciarsi in politica. Sulla sua pagina Facebook, lo scorso 4 aprile, postava le foto di una manifestazione in una scuola media cittadina. Annunciava ai followers di aver partecipato ad un incontro tra gli studenti e un ufficiale dei Carabinieri.

Nell’ambito del progetto legalità promosso dall’Arma” specificava. Al Mottola in prima linea per la legalità, tuttavia, si contrapporrebbe il ritratto degli inquirenti. La Procura gli contesta l’adesione “come candidato sindaco all’accordo con la camorra che certamente condiziona anche la sua gestione come sindaco”. E a nulla varrebbero – secondo i pm – le denunce presentate da Mottola in campagna elettorale, segnalando le minacce della camorra. Lo avrebbe fatto “solo per creare allarme, non devono indurre – sostiene il gip Isabella Iasellia considerazioni diverse essendo superate dagli accordi successivi con il clan Amato Pagano che da sempre controlla il territorio, infiltrandosi nell’amministrazione pubblica anche grazie ai legami creati proprio attraverso i patti stretti in occasione delle elezioni”. Inflessibile la conclusione del giudice: per queste ragioni, al sindaco del centrodestra “va applicata la misura della custodia cautelare in carcere”. Ora Mottola deve difendersi dalla pesante accusa.