- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

Castellammare di Stabia (Na) – “Questa notte per la prima volta da quel 18 dicembre ho dormito. Finalmente ieri ho firmato quelle maledette dimissioni”. Sono queste le parole struggenti, affidate ad un post sui social, di un’ex operaio della Meridbulloni di Castellammare di Stabia che lo scorso 31 gennaio si è visto costretto a firmare, anche a suo malgrado, la missiva di licenziamento redatta dall’imprenditore brianzolo, Giuseppe Fontana nel pieno dell’emergenza sanitaria.

Dopo più di un mese di notti insonni, anche durante le festività natalizie, e lo stato d’ansia perenne 24 ore su 24, sullo sfondo del presidio al Corso De Gasperi, non ha avuto più dubbi. Ha messo così da parte le tante paure sul proprio futuro e quello della sua famiglia per portare al centro del discorso un messaggio univoco ed universale, oggi probabilmente dimenticato dal sig. Fontana: “Un uomo non è una cosa”.

Un messaggio semplice e chiaro che purtroppo pare non essere stato neanche lontanamente preso in considerazione dall’imprenditore Settentrionale che lo scorso 18 dicembre ha fatto recapitare, a sorpresa, una missiva ai quasi 100 dipendenti del sito stabiese: “O vi trasferite in Piemonte entro il primo febbraio, o sarete licenziati”.

Questo il senso, ristretto e abbreviato all’osso, della lettera choc redatta dalle mani dell’impresario Giuseppe Fontana. Difatti un escamotage terrificante che è sembrato a tutti gli effetti solo un modo inglorioso per aggirare il blocco dei licenziamenti che il Governo ha instaurato fino al 31 marzo, proprio per arginare, almeno alla meglio, la bomba sociale che scoppierà con ogni probabilità in tutto lo Stivale già da questa primavera. Una lettera che ha infatti dimenticato una questione importante, la più importante di tutte: “Un uomo non è una cosa che a tuo piacimento sposti quando vuoi”.

Ogni uomo fa progetti sulla base del lavoro che fa – scrive l’ex operaio Meb –. Compra una casa, stipula un mutuo, crea una famiglia e tutto questo non lo puoi mettere in un bagagliaio di una macchina, acquistata a rate, e portarlo a 1000 km di distanza solo perché tu padrone hai deciso così…”.

Un licenziamento mascherato” hanno gridato a squarciagola, in tutte le occasioni possibili, gli operai stabiesi appena appresa la notizia. Un ricatto a tutti gli effetti, svolto con una brutalità eccessiva, visto anche il difficile periodo che dallo scorso marzo vive l’intero Paese e le modalità barbare con cui è stato architettato.

Così dopo più di un mese di attese al freddo e al gelo all’esterno della fabbrica, blindata nei primissimi giorni della chiusura da una vigilanza privata arrivata in città “di nascosto” sotto la delega di Fontana – che non ha mai messo personalmente la faccia nella questione, 17 operai dell’ex Meridbulloni hanno dovuto trasferirsi, a loro malgrado, in Val di Susa per continuare a poter lavorare. E da ieri hanno ricominciato il loro servizio ad oltre 900 chilometri da casa. Ma c’è chi, nonostante i tanti problemi e dubbi, non ci ha pensato due volte a declinare l’offerta.

La dignità non ha prezzo – scrive l’operai metalmeccanico che nel sito del Corso De Gasperi ci ha trascorso appena 25 anni di onesto lavoro, svolto su macchinari spesso anche fatiscenti e non aggiornati dispetto ai siti più moderni del Nord. La dignità è la cosa più preziosa che abbiamo “è non può essere svenduta per qualche spicciolo o benefit aggiuntivo”.

Così a salvare la faccia ad un Mise, a tratti totalmente inerte alla decisione imbarazzante del Gruppo Fontana, è stato per fortuna l’impresario Alessandro Vescovini che proprio ieri al tavolo del ministero dello Sviluppo Economico, insieme a rappresentanze del Comune di Castellammare e della Regione, ha sancito la nascita della nuova “Sbe Sud”.

Grazie a questa “fusione” industriale già da venerdì, 5 febbraio, partirà la nuova avventura dei 65 operai ex Meridbulloni il quale ci auguriamo potranno presto riappropriarsi della propria serenità, sventrata senza nessuna valida ragione dal sig. Giuseppe Fontana che forse aveva solo dimenticato l’argomento portante di questa imbarazzantissima vertenza: “Un uomo non è una cosa”.