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Milano – La Procura di Milano ha chiesto il processo con l’accusa di omicidio volontario nei confronti di Fabio Manduca, l’ultrà napoletano di 40 anni arrestato il 18 ottobre del 2019 per aver travolto e ucciso col suo suv Daniele Belardinelli, ultrà del Varese, all’inizio degli scontri del 26 dicembre 2018 in via Novara, nel capoluogo lombardo, prima di Inter-Napoli.

Il procuratore aggiunto Letizia Mannella e i pm Michela Bordieri e Rosaria Stagnaro hanno confermato nell’istanza di rinvio a giudizio l’accusa di omicidio volontario per la quale Manduca era stato arrestato su ordinanza del gip Guido Salvini. Accusa rafforzata sia da una decisione del Tribunale del Riesame che da un’importante consulenza tecnica firmata da diversi esperti, tra cui la nota anatomopatologa Cristina Cattaneo.

Dalle 126 pagine della relazione emerge che, grazie al recupero di alcuni pezzi di vetro che erano nel giubbotto della vittima, si è potuto stabilire che Belardinelli, che aveva assunto cocaina, nella prima fase della “guerriglia” ha colpito il finestrino di un Ford Transit, guidato da alcuni ultrà napoletani, con un bastone o qualcosa di simile e nel fare questo è caduto per terra, rompendosi una clavicola. A quel punto, Manduca, che con la sua Renault Kadjar seguiva il Ford Transit, ha accelerato e ha quindi schiacciato l’ultrà napoletano.

“Il corpo del Belardinelli, già a terra – scrivono i consulenti – probabilmente prono e con la fronte appoggiata sul tombino del manto stradale, è stato sorpassato dalla Renault”. Di quest’ultima circostanza c’è ulteriore prova, definitiva secondo gli esperti, in una traccia di sigillante che è stato trovato sempre sul giubbotto della vittima e che è quello utilizzato dal costruttore per il pianale inferiore della Renault Kadjar.

Le condizioni di Belardinelli si sono aggravate perché, nonostante le frattura del bacino, è stato sollevato mani e piedi dai suoi compagni e trascinato a lungo. “Risulta, tuttavia, difficile immaginare – si legge nella consulenza – che gente priva di competenze mediche potesse immaginare l’entità delle lesioni pelviche e i possibili effetti negativi prodotti da un’inadeguata mobilizzazione del corpo”.