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Napoli – Non soltanto una valanga di intercettazioni ambientali. Agli atti dell’ultima inchiesta che ieri ha colpito, di fatto azzerandolo, il clan Sibillo ci sono anche le nuove dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia a dir poco eccellenti. A partire da Vincenzo Amirante (nella foto), per anni indiscusso capo della “paranza” sul territorio della Maddalena, a due passi da Forcella. Oltre a lui hanno però contribuito anche Daniele Pandolfi e Carmine Campanile, rispettivamente ex uomini dei clan Vastarella delle Fontanelle e Mazzarella.

Sottoposto a interrogatorio il 12 settembre del 2017, Vincenzo Amirante ha descritto per filo e per segno le attività del clan che negli ultimi anni è stato diretto dal rampollo Pasquale Sibillo (nel riquadro): «Antonio Napoletano è un killer, lo chiamano “’o nannone” ed era il terrore di via Pietro Colletta e della zona di via dei Tribunali. Anche Luca Capuano “’o cafone” fa parte del clan e partecipa a tutte le attività. Dopo la pace scaturita in seguito al ferimento di Alessandro Riccio, Capuano veniva a casa mia a portarmi la settimana insieme a un altro affiliato chiamato “’o nonno”. Una volta ricordo che mi consegnarono 2.200 euro invece di 4mila e alle mie lamentele “’o cafone” mi disse che dovevo rivolgermi a “loro”, riferendosi alla famiglia Siibillo. Lui è sempre stato presente alla scorrerie armate dei Sibillo. “’O cafone” partecipa al gruppo di fuoco dei Sibillo come autista di moto o come sparatore».

Il successivo 4 ottobre Amirante ha poi fornito un’ulteriore serie di dettagli raccontando la faida che ha visto i Sibillo contrapporsi al gruppo Buonerba-Mazzarella di via Oronzio Costa, la stessa strada in cui, raggiunto da un colpo di pistola, la notte del 2 luglio del 2015, fu ucciso il 19enne boss Emanuele Sibillo, fratello minore di Pasquale: «In quel periodo ero latitante, sicché le notizie le apprendevo da persone del quartiere, tra cui “Savio”, e da Gabriele Iuliano che abita in via Costa. Queste persone mi hanno raccontato che Pasquale Sibillo, Luca Capuano e Francesco Pio Corallo passavano e sparavano continuamente contro il balcone dell’abitazione dei Buonerba. Antonio Napoletano era quello che si faceva vedere più spesso quando i fratelli Sibillo erano latitanti. I Sibillo e gli affiliati pretedevano l’estorsione dai Buonerba per consentirgli di gestire le piazze di spaccio storiche che avevano in via Oronzio Costa».