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Napoli – Un unico dominus tentacolare e implacabile, in grado di piombare su qualsiasi affare si apprestasse a prendere corpo sia all’interno del Porto di Napoli che all’esterno, precisamente sulla linea di costa di via Marina. Ogni singolo mattone e ogni singolo metro di asfalto poteva diventare realtà soltanto dopo il versamento di una tangente nelle mani del capoclan Carmine Montescuro “’o munuzz”. È un quadro drammatico, quello tratteggiato dall’ex ras di piazza Mercato Salvatore Maggio, per anni uomo al vertice del clan Mazzarella e poi del “sisema” di Soccavo, ma passato dalla parte dello Stato nell’agosto del 2017.

Messo sotto torchio dagli inquirenti della Dda di Napoli, il 13 settembre di due anni fa Maggio ha messo a verbale rivelazioni pesanti come macigni: «Conosco bene – ha subito chiarito – Carmine Montescuro. L’ho incontrato più volte per le estorsioni agli imprenditori che effettuavano i lavori all’interno e all’esterno del Porto. Nel senso che Montescuro era quello che richiedeva e ritirava le tangenti distribuendole poi tra il suo clan di piazza Sant’Erasmo, il clan Caldarelli delle Case Nuove, il clan D’Amico di San Giovanni e il clan di piazza Mercato di cui facevo parte io, Salvatore Sembianza, Luigi Danese, Mauro Russo, Raffaele Micillo, Enrico Autiero e altri ancora».

Montescuro viene descritto da Maggio come un accentratore implacabile: «Non permetteva a nessuno di noi di fare le estorsioni direttamente, pretende- va di tenere tutto sotto controllo. È sempre stato un punto di riferimento camorristico nella zona del porto e ciò anche quando c’erano Gennaro e Vincenzo Mazzarella, nel senso che la zona del Porto e di Sant’Erasmo è sempre stata suo appannaggio. Inoltre, ha sempre svolto una funzione di paciere tra clan, una sorta di “ago della bilancia”».

È uno spaccato inquietante, quello descritto dal pentito Maggio, le cui dichiarazioni rappresentano uno dei pilastri sui quali è stata incardinata l’ordinanza di custodia cautelare che pochi giorni fa ha portato all’arresto di 22 esponenti della camorra di Sant’Erasmo. Il collaboratore di giustizia ha quindi fornito agli inquirenti alcune circostanziate indicazioni in merito ai summit che il capoclan avrebbe diretto per decidere il da farsi in merito agli affari dell’organizzazione: «Una riunione è avvenuta alla Case Nuove, in via Santa Maria delle Grazie al Loreto, di fronte casa di Giuseppe Vatiero, attuale boss della zona dopo l’arresto di Raffaele Caldarelli. L’incontro avvenne in una pizzeria e a tavola eravamo io, “’o munuzz” e Giuseppe Vatiero. Fuori aspettavano Luca Caldarelli e Gennaro Tarascio “’o chalet”. Quest’incontro avvenne nel 2015. In quella sede si decise la spartizione delle quote estorsive inerenti ai lavori che interessavano tutte le zone che si affacciano e che costeggiano il Porto di Napoli. Le estorsioni riguardano sia i lavori fatti all’interno del Porto sia quelli di via Marina. Ultimamente, e cioè in occasione di quell’incontro, si parlò anche delle tangenti estorsive da chiedere alle imprese che stavano facendo i lavori di rifacimento di via Marina. Nel gennaio-febbraio del 2016 “’o munuzz” distribuì tra i quattro clan 20mila euro che io però non ho avuto in quanto all’epoca ero latitante». Da allora sono passati ben quattro anni e via Marina resta ancora oggi un cantiere incompiuto.