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Napoli – Luigi Galletta non c’entrava nulla con con la camorra. Faceva il meccanico in via Carbonara e conduceva a una vita onesta e serena. Un ragazzo perbene. Antonio Napoletano “’o nannone” (nel riquadro), giovanissimo emergente ras del clan Sibillo, questo la sapeva benissimo. Ma sapeva anche della sua parentela con alcuni esponenti del rivale gruppo Buonerba. Per questo motivo il 31 luglio del 2015, nel pieno della faida di Forcella e accecato da un odio implacabile, lo uccise senza alcuna pietà all’interno della sua officina. Condannato in primo grado a 18 anni di reclusione nonostante la scelta del rito abbreviato, “’o nannone” si è visto adesso ribadito il verdetto.

Nessuno sconto di pena, dunque, per Antonio Napoletano, minorenne all’epoca dei fatti. I giudici della Corte d’assise d’appello hanno accolto anche stavolta la linea della Procura e condannato il giovane a 18 anni di reclusione. Quanto al povero Galletta, la sua unica “colpa” fu quella di non essere stato in grado di fornire ai killer della paranza dei bambini l’informazione di cui in quelle settimane feroci erano a caccia: dove si nascondeva Luigi Criscuolo, suo cugino e a sua volta presunto sicario del clan Buonerba.