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Il Napoli dovrà fare a meno di Victor Osimhen, almeno per due settimane. Lo ha confermato anche il presidente De Laurentiis. Di sicuro salterà la partita di domenica prossima, il primo dei tre round contro il Milan e, quasi sicuramente, anche quella contro il Lecce per l’anticipo di Venerdì Santo. Lo staff medico farà di tutto per rimetterlo a disposizione di Luciano Spalletti per le due partite dei quarti di Champions. Nel mese più importante della sua storia recente (di sicuro dell’era De Laurentiis), il Napoli dovrà rinunciare alla sua punta di Diamante, il capocannoniere della Serie A con 21 reti (7 in più di Lautaro Martinez). Un gol ogni 91 minuti. Comprensibile la rabbia dei tifosi azzurri, ma non lo sconforto. Perché gli uomini di Spalletti hanno già dimostrato di saper essere competitivi anche senza Osimhen in campo.

Al di là dei numeri e delle statistiche, è qui, proprio in questi casi, che risiede il segreto del Napoli di quest’anno. Spalletti è riuscito a mettere in piedi un gruppo unito più che mai, in cui tutti sono sullo stesso piano dal punto di vista del “riconoscimento” altrui. Una consapevolezza reciproca, una sorta di autodeterminazione dopo la partenza (in estate) di tanti illustri interpreti come Insigne, Mertens, Koulibaly e Ospina. Niente primedonne, niente senatori, nessun debito di riconoscenza per quanto fatto in passato, ma un nugolo di calciatori con maggiore militanza (come Di Lorenzo e Mario Rui), tanti volti nuovi e di talento e diversi leader, ognuno a modo proprio. Leader capaci di abbinare tecnica, temperamento e personalità. Da Meret ad Osimhen, da Rrahmani a Kim, dalla regia di Lobotka all’esuberanza di Anguissa. Ma se manca, le soluzioni alternative non mancano. Ed è già capitato.

Di sicuro la preoccupazione era maggiore ad inizio settembre, quando Osimhen si dovette fermare a causa di un infortunio al bicipite femorale destro, una lesione di secondo grado. Con il nigeriano fermo ai box, esplosero in via definitiva coloro che scalpitavano alle sue spalle, Giacomo Raspadori (al rientro proprio domenica tra i convocati) e Giovanni Simeone. Sette vittorie in altrettante partite senza il numero 9, come nella gara d’andata col Milan, decisa da un rigore di Politano e da un colpo di testa del Cholito, da subentrato. L’argentino si ripetette anche a Cremona mentre il compagno di reparto, Raspadori, sbloccò nel finale il difficile match con lo Spezia. Contro il Torino ci pensò una doppietta di Anguissa a mettere Ko la squadra di Juric.

E se in campionato sono state quattro su quattro le vittorie centrate senza Osimhen, in Champions è andata ancora meglio, con il doppio tris ai Rangers Glasgow (Raspadori in gol in Scozia, doppio Simeone al Maradona) e con lo spettacolare 1-6 di Amsterdam contro l’Ajax in cui segnarono tutti. Perché al netto degli strappi dei singoli solisti, è nel collettivo la vera forza di questo Napoli. Nella somma di essi che fa il totale. Il totale meno uno: Osimhen. Ma niente paura. Gli attaccanti non mancano. E la squadra c’è sempre.