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Napoli – È una mattina qualsiasi di settembre, è entrato l’autunno nelle case di Napoli eppure splende ancora il sole e il caldo è asfissiante in città. È una mattina qualsiasi del 23 settembre 1985 e Giancarlo Siani, un ragazzo di 26 anni con la passione per la scrittura contaminata di verità, non sa che la sua penna lo porterà alla morte.

A quest’ora, 35 anni fa, Giancarlo Siani era ancora vivo. Affamato di vita correva a bordo della sua Citroën Mehari verde per raggiungere la redazione de Il Mattino e poi ancora più veloce verso Torre Annunziata dove stava svolgendo un’inchiesta.

Nei vicoli della periferia napoletana, Siani si è appassionato di cronaca nera, ha iniziato ad osservare la realtà che lo circondava con un occhio attento captando dettagli anomali che gli hanno permesso di iniziare a ricostruire fatti, eventi e gerarchie camorristiche.

Giancarlo aveva solo 26 anni, non aveva ancora firmato un contratto con il giornale per cui lavorava, si era affacciato da poco al mondo giornalistico eppure faceva troppo rumore, attirava l’attenzione su zone d’ombra che a Napoli doveva rimanere oscure e dava fastidio alla camorra.

Nel giro camorristico il suo articolo del 10 giugno 1985 che denunciava il boss Valentino Gionta, che da pescivendolo ambulante, aveva costruito un business illegale, passava di mano in mano. Gionta, partito dal contrabbando di sigarette, per poi spostarsi al traffico di stupefacenti, controllava ora l’intero mercato di droga nell’area torrese-stabiese, era un boss ed era preoccupato e arrabbiato.

Sono le ultime ore di vita del cronista di nera. Scrive, racconta, raccoglie testimonianze e, di sera, entra nella sua auto per tornare a casa. Mette in moto e guida in direzione di via Vincenzo Romaniello, nel quartiere napoletano dell’Arenella, dove abita e ancora non lo sa che, in realtà sta guidando verso la sua morte.

Sono le 21:40 circa Siani arriva sotto casa e mentre parcheggia due uomini, a volto scoperto, si avvicinano alla sua auto e sparano una decina di proiettili che frantumano il suo finestrino, colpiscono il suo corpo, lo ammazzano.

Siani ha raccontato la verità, tutta, sempre e sinceramente e per questo è morto ma la sua voce continua a risuonare in una Napoli che decide di non stare in silenzio, in cittadini che non si fanno piegare e spezzare da un’onda camorristica che cresce inesorabilmente. Non sappiamo chi sarebbe diventato oggi Giancarlo Siani all’età di 61 anni e come si sarebbe mosso nella spaventosa realtà odierna. Ma abbiamo imparato una cosa: neppure la morte zittisce la verità.

La sua città, in occasione del 35esimo anniversario dell’omicidio, lo ricorda. Presso le Rampe Siani – Via Suarez al Vomero – verrà deposta dal sindaco Luigi de Magistris una corona di fiori sulla sua targa in memoria del giornalista ucciso dalla camorra e al Cinema Modernissimo il presidente della Camera, Roberto Fico parteciperà alle iniziative di commemorazione.

Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato un messaggio alla Fondazione Giancarlo Siani Onlus per ricordare il giornalista: “Sarà sempre un esempio di coraggio e di professionalità per chi ha lavorato con lui e per chi intraprende, con idealità e passione, la strada del giornalismo”.

Giancarlo è sempre più un simbolo per l’informazione corretta e libera da condizionamenti e ricordarlo significa soprattutto portare avanti ogni giorno il suo messaggio per il lavoro e la lotta alla camorra. Troppi giovani giornalisti continuano ad essere sfruttati e massacrati con paghe da fame” ha spiegato Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania

Fu un errore non assumere prima Giancarlo, un errore professionale prima di tutto”, ha raccontato invece Federico Monga, direttore de Il Mattino.