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Scuola occupata, al Liceo classico Pansini è polemica tra preside e collettivo studentesco. Un botta e risposta aperto dalla dirigente scolastica, Albina Arpaia. In una lettera alla comunità educante del Pansini (docenti, genitori, studenti, personale Ata), datata 25 ottobre, la preside chiedeva le intenzioni di chi continua la protesta. Gli occupanti erano accusati di bloccare gli accessi in modo arbitrario, e perfino di incoerenza. Arpaia si riferiva a precedenti dichiarazioni, riportate sulla stampa cittadina. Dai collettivi studenteschi napoletani erano giunte rassicurazioni. Le occupazioni pro Palestina sarebbero state brevi, ci sarebbe stata una staffetta tra scuole.

A fronte di questo, la preside lamenta un protrarsi dell’occupazione al Pansini. Un liceo la cui centrale è oggi in via San Domenico, a causa dei lavori di ristrutturazione nella storica sede di piazza Quattro Giornate. Ad essere occupata è anche la succursale di via Sangro, dove venerdì scorso era prevista la ripresa delle attività didattiche. Ma quel giorno, all’appello si sono presentati solo cinque alunni. E sabato hanno informato la preside di un nuovo blocco della succursale. La lettera di Arpaia non nasconde amarezza, per l’interruzione di quel che è definito uno spirito costruttivo. La dirigente non solo rivendica quanto intrapreso fino all’occupazione, dalle celebrazioni per le Quattro Giornate di Napoli al Convegno di Antichistica Senecio. Ma anche i tentativi di dialogo con gli studenti, pur preceduti da atti dovuti come denunciare lo stop alle lezioni presso il commissariato di Polizia.

Alla lettera della preside replica il collettivo del Pansini, rispondendo alla sua domanda: si è deciso di terminare l’occupazione giovedì 30 ottobre, dopo 14 giorni di “attività formative e dibattito”. Tuttavia, la lunga lettera – indirizzata anche a docenti e corpo studentesco – esplicita subito il suo tono critico. Gli studenti respingono l’idea di un progetto improvvisato, parlando della loro azione di lotta. Ricordano un lavoro preparatorio di diverse settimane, i giorni di riflessione sulla validità del gesto. Proclamano come l’occupazione sia condivisa dalla gran maggioranza degli allievi, di cui sarebbe prova l’assenza di massa in succursale del 24 ottobre. E sottolineano la cura del proprio servizio di vigilanza, approntato per impedire danni o incursioni nell’edificio scolastico. Accanto al carattere non violento dell’occupazione, se ne rimarca anche quello formativo, tramite incontri e seminari con esponenti di Ong umanitarie. Per tutto questo, il collettivo considera le parole della preside “un tentativo di sminuire l’operato studentesco”, volto a partecipare al diffuso movimento per la causa palestinese. Un processo sociale ritenuto dai ragazzi non incompatibile col diritto all’istruzione. “Lo studio – ribatte il collettivo – non avviene solo sui libri di scuola, ma in tutto ciò che sviluppa il pensiero”.