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Napoli –  Circola da un mese. E da un mese detta le mosse dei partiti. Perchè poi la politica è filosofia e “pensiero”, per dirla con De Mita. Ma, inevitabilmente, alla vigilia di una campagna elettorale, anche numeri.

Si tratta di un sondaggio commissionato a Ipsos. L’unico istituto demoscopico di cui i partiti napoletani si fidano. Non foss’altro perchè, in occasione delle ultime regionali, è stato l’unico ad azzeccare la performance della Lega: tutti la davano in doppia cifra, tranne Ipsos che le affibbiava un misero 3%. Salvini e i suoi, alla fine, alla prova dei fatti, non hanno superato il 5%.

E quindi. Nelle segrete stanze di chi conduce davvero le danze, ai nastri di partenza, si danno queste quotazioni. Da prendere con le molle, perchè scaturite da un’indagine compiuta a febbraio e non resa ufficialmente pubblica. Ma comunque con gli stessi candidati tuttora, più o meno, in campo.

Con tutti i se e tutti i ma, e considerando che la prova delle urne è in programma tra 7 mesi (davvero un’era geologica in politica) il favorito in assoluto per la corsa a Palazzo San Giacomo ha un nome e cognome ben chiaro: Roberto Fico.

Tra i nomi in campo, è quello del presidente della Camera il preferito dai napoletani: addirittura dato al 56% delle preferenze.

E’ su questo numero che la segreteria del Pd di Marco Sarracino sta lavorando sicura di avere il coltello dalla parte del manico anche nei confronti dei deluchiani: il fronte dei democratici che fa capo al Governatore e che mal digerisce l’alleanza coi 5 Stelle. E, di conseguenza, un candidato come Fico. A palazzo San Giacomo, i deluchiani vorrebbero un nome molto più vicino al Presidente della Regione. Ma tant’è: se questi sono i numeri, anche allo Sceriffo – che è una persona che sa far di conto – la matematica darà gli stessi risultati.

Distanziato di 20 punti c’è il candidato/non candidato: Catello Maresca. Il sondaggio contribuisce a ben ragione a far spazientire quella parte del centrodestra (esempio: Fulvio Martusciello) che vorrebbe almeno che uscisse allo scoperto. Invece, almeno per ora, sono solo bacchettate e diktat: compreso quello secondo cui i partiti di centrodestra dovrebbero sostenerlo a occhi chiusi, facendo a meno finanche dei loro simboli. Ne vale la pena per un nome che conquista il 35% dei consensi? Questa è la domanda che si fanno nelle stanze azzurre. E non solo. Perchè quello stesso numero, secondo i bene informati, delude molto lo stesso magistrato della Dda. Il quale sogna una sua discesa in campo in politica battezzata da una grande vittoria, quasi da un’acclamazione: non certo da una sconfitta che gli farebbe rimpiangere la sua vita da simbolo (in tal caso sì, unitario) dell’anti-camorra.

A raccogliere le briciole, poi, ci sarebbero l’assessore Alessandra Clemente (data attorno al 6%) e Antonio Bassolino (al 4%).

A confermare lo scarso appeal di queste ultime 2 nomination, 2 fatti.

Il primo: lo stesso De Magistris ha già fatto sapere che è pronto a mollare la sua assessora dopo che lui stesso l’aveva lanciata nell’agone ad ottobre scorso. Ma tant’è: anche lui deve cercare di non finire in un vicolo cieco (e isolato) in Calabria, dove si è voluto impegnare in prima persona nella corsa alla presidenza della Regione.

Il secondo: non è un mistero che lo stesso Bassolino, all’ultimo istante, abbia pensato di non andare fino in fondo ed evitare di esporsi in prima persona con una sua candidatura, quasi 30 anni dopo la prima. Fatto sta che quando l’ha pensato era troppo tardi, evidentemente: la politica è fatta di filosofia, “pensiero”, numeri. E di passioni a volte incontrollabili.