Tempo di lettura: 5 minuti

Una richiesta urgente di seduta del Consiglio Municipale, per denunciare la “parziale illegittimità” del Vademecum per i consiglieri dei parlamentini. La firma Salvatore Pace, capogruppo del Misto alla Municipalità Vomero Arenella. L’iniziativa rilancia i malumori sul documento protocollato del 7 ottobre, sottoscritto da 9 direttori (su 10) delle municipalità di Napoli. Secondo una nota inviata dai direttori ai presidenti municipali, il Vademecum è frutto di un lavoro congiunto dei firmatari, avviato lo scorso luglio. Un compendio delle migliori prassi operative, da adottare nell’ambito dei procedimenti di competenza degli organi politici municipali. A partire dalle commissioni, di recente al centro di un’inchiesta della Corte dei conti sui gettoni di presenza. A detta dei direttori, il vademecum è privo di contenuto innovativo, rispetto alle vigenti disposizioni normativo-regolamentari. Esso rappresenterebbe cioè un mero strumento di ausilio operativo. Non la pensa così Pace, già vicesindaco metropolitano nell’amministrazione de Magistris. E spiega il perché in una lettera di 8 pagine, inviata a presidente, direttore e consiglieri della Municipalità 5.

Il Vademecum – sostiene Pace – imposto su carta intestata del Comune di Napoli recante in epigrafe “I Direttori”, se applicato nelle sue direttive, ridurrebbe ogni Municipalità ad un organismo del tutto monocratico“. Qualcosa “di cui il Consiglio nel suo insieme ed i Consiglieri tutti singolarmente presi sono intesi come un inutile ed oneroso orpello che non avrebbe alcuna reale funzione e, quindi, alcuna ragione di esistere”. Il consigliere del misto teme la lesione di prerogative costituzionali degli eletti, qualora una disposizione richiami il Vademecum. E non esclude di mandare un esposto al prefetto. Le criticità poggerebbero su una serie di elementi presenti nel testo. Pace parla di “errori sostanziali di base”. Nel primo caso ( punto 2.2.5), “secondo i Direttori dunque, i Presidenti di Commissione possono inserire nell’o.d.g, solo “argomenti” specifici loro assegnati dal Presidente o dalla Giunta ed è espressamente vietata la discussione di altri “argomenti””. Il vademecum giustificherebbe “normativamente tale proposizione con un vago “come ben noto”. Come ben noto a chi?” Le norme invece “dicono altro”. Ma si contesta pure un’altra frase del vademecum. Quella per cui “Ai sensi della normativa regolamentare, infatti, le Commissioni esercitano le proprie funzioni istruttorie e consultive su due uniche tipologie di oggetti”. Vale a dire le proposte di deliberazione e/o una proposta di emendamento da sottoporre al Consiglio; questioni specifiche su cui sia stata richiesta espressamente e formalmente una relazione o un parere dagli Organi di governo della Municipalità (Presidente, Giunta e Consiglio) o dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi Consiliari. “La perentoria negazione – scrive Pace – della libertà di ascrizione all’o.d.g. di argomenti autonomamente scelti dal Presidente di Commissione è dunque del tutto gratuita ed infondata a meno che gli estensori non si riferiscano ad altre fonti (cosa non data a sapere perché le fonti non sono mai citate) ma la cosa pare alquanto improbabile”.

Per Pace, poi è “molto grave e destituito da ogni fondamento normativo” quanto il Vademecum riporta al punto 2.1.1 (le Commissioni consiliari permanenti sono organi interni e strumentali del Consiglio Municipale, con funzioni esclusivamente istruttorie e consultive”). L’articolo 20 del Regolamento della Municipalità 5 reca le parole “…oltre al potere di iniziativa…”. Citandolo, il consigliere accusa: “Nell’avverbio “esclusivamente” c’è un grave errore, un’invasione di campo del Vademecum”. In questo Pace vede uno sconfinamento “da parte della componente tecnica dell’amministrazione nel campo della politica il che – per norma costituzionale e di legge – costituisce un fatto istituzionalmente grave perché assolutamente illegittimo”. Secondo lui, il “problema rimonta al posizionamento strategico di questo Vademecum”. Nel documento dei direttori, “la pedissequa ottica dei tagli di spesa (economicità) e dell’efficientamento burocratico/amministrativo – esplicitamente e in vario modo richiamati” costituirebbero “l’orizzonte che regge in esclusiva tutti i punti”. “Giova ricordare che le municipalità – sottolinea il consigliere -, così come tutti gli organi amministrativi e di governo della repubblica, pur vincolate al pareggio di bilancio, non sono aziende a scopo di lucro ma istituzioni di servizio ai cittadini”. In definitiva, Pace ritiene che “vietare ai consiglieri di scegliere di cosa parlare in commissione costituisce un atto illegittimo perché privo di fondamento regolamentare e contrario ai principi ed alle norme della Repubblica”.

Analoga questione sorgerebbe (punto 2.1.2 del Vademecum) per il divieto di inserimento delle “Varie ed eventuali” nell’ordine del giorno delle sedute. “Se gli uffici – chiede il consigliere – potessero vietare di discutere argomenti come ritengono i direttori che i consiglieri possano fare politica? Solo passando carte per legittimare altrui atti e decisioni? Esprimendo pareri (non vincolanti anche se obbligatori) o istruendo pratiche su argomenti a loro sconosciuti ma già istruiti da giunta e uffici?”. Un ultimo aspetto è relativo ai tempi (punto 2.3.1). “Si afferma che la partecipazione alla seduta per essere considerata tale – sintetizza Pace – deve svolgersi per almeno i 2/3 del tempo della durata complessiva. Bene, allora mettiamo pure il badge. Ma qui non siamo in un ufficio, siamo in una seduta democratica: io posso essere presente 10 minuti, fare una proposta fulminante e convincente e andarmene ma poi su di essa l’organo discute e decide oppure, al contrario, essere presente tutta la seduta e farmi i fatti miei. I Direttori vogliono forse applicare il premio di produttività ai dipendenti più ligi secondo il criterio delle ore di servizio?”. Nelle Municipalità, la tensione aumenta.