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Napoli – In un Natale pieno di incertezze per l’emergenza sanitaria scatenata dal Covid, festeggiato mentre medici ed infermieri continuano a lottare giorno e notte negli ospedali di tutt’Italia, c’è un Sud che continua a resistere contro un’altra pandemia, ben più longeva sul territorio, quella sociale. Presidi anche oggi, 25 dicembre, tra la Whirlpool di Napoli e lo stabilimento stabiese della Meridbulloni.

Per un anno già anomalo per tutti, le festività natalizie, tra Napoli e Castellammare di Stabia, si trascorrono in fabbrica dove gli operai restano in presidio. Non chiedono un regalo di Natale ma semplicemente un loro diritto: il posto di lavoro, oggi negato in piena pandemia.

Due storie, quelle di Whirlpool e della Meridbulloni, distanti meno di 30 chilometri che raccontano il volto di una Campania che anche a Natale è costretta a dover lottare per il proprio futuro.

Lo sanno bene i quasi 400 operai dalla fabbrica di lavatrici partenopea. Dove quest’anno i lavoratori hanno trascorso il loro secondo Natale in presidio. Mentre la multinazionale, dopo aver chiuso lo stabilimento lo scorso 31 ottobre, continua a non dar realistiche motivazioni sulla perdita del sito di Napoli Est, i lavoratori continuano a tener accesa l’attenzione su una vertenza che appare ancora tutta da decifrare. Mentre lunedì è atteso un nuovo tavolo al Mise per capire cosa accadrà dal prossimo 1 gennaio.

Siamo ancora in fabbrica, è il secondo Natale che stiamo ancora qui a difendere il nostro posto di lavoro – spiega la Rsu della fabbrica – come noi in altre realtà, anche più vicine come la Meridbulloni e l’Ilva di Taranto, ci sono persone per strada che soffrono. Il Sud e l’Italia si devono unire, c’è bisogno di tutelare i lavoratori, c’è bisogno di far valere i nostri diritti ed affermare la democrazia. Non ci vogliono solo leggi ma ci vuole anche il rispetto delle persone, dei lavoratori, degli esseri umani. Non siamo schiavi, non siamo oggetti, non siamo numeri ma siamo persone. Ed anche oggi il Natale che avremmo preferito passare con i nostri cari lo passiamo con in nostri compagni perché insieme dobbiamo costruire il nostro futuro”.

Se per i lavoratori di Ponticelli le feste in fabbrica erano, purtroppo, già in parte attese. Per gli operai dello stabilimento Meridbulloni di Castellammare è stata una doccia fredda.

Un vero e proprio “ricatto natalizio” consumatosi a sorpresa, dalla sera alla mattina, in piena emergenza sanitaria. Quando il gruppo Fontana ha comunicato agli 80 lavoratori, a solo qualche giorno dal Natale, di aver deciso di chiudere lo stabilimento stabiese per concentrare tutte le attività dell’azienda nei siti del Nord. Dando agli operai campani, come unica alternativa alla cassa integrazione, l’opportunità di trasferirsi a circa 900 chilometri da casa per poter continuar a lavorare. Una notizia, tutta a sorpresa, che ha mandato nello sconforto l’intera città di Castellammare che in queste ore mostra tutta la sua vicinanza ai lavoratori. Presidio allestito all’esterno della fabbrica di via De Gasperi, dove scaldandosi con un fuoco i lavoratori hanno trascorso il Natale, con la speranza di tornare, quanto prima, a lavoro nella loro città. In quel Sud dove sono nati e cresciuti.

Ad accendere l’attenzione su entrambe le vicende nelle ultime ore è stato anche Roberto Saviano che solo ieri, tramite un post sui social, si è rivolto al titolare del Mise. “Mi rivolgo al Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli: il Sud è un animale ferito a morte – ha tuonato il noto scrittore – e ferite a morte sono tutte le persone che lavorano, che si impegnano e che però vengono sistematicamente abbandonate a loro stesse.
Esiste una strategia del governo che vada oltre il blocco dei licenziamenti, che è giusto e fondamentale ma che rischia di creare disastri in seguito, se non accompagnato da una strategia industriale? Oggi, quale sia la strategia industriale del governo e come intenda bloccare la fuga delle multinazionali dal Sud Italia non è dato sapere”.