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Ergastolo perché nonostante la confessione tardiva non merita attenuanti in quanto il quadro indiziario nei suoi confronti era già chiaro. Ciro Guarente, l’ex cuoco che ha ucciso a colpi di pistola e fatto a pezzi l’attivista gay Vincenzo Ruggiero, ad Aversa (Caserta) il 7 luglio del 2017 ha avuto anche in corte d’assise d’appello il massimo della pena. Guarente dopo aver ucciso a colpi di pistole Vincenzo ne fece a pezzi il corpo che in parte fu murato in un garage di Ponticelli, periferia est di Napoli e in parte sciolse con dell’acido nel vano tentativo di cancellare le prove. Ma le telecamere quella sera lo ripresero mentre caricava un sacco nero nella sua auto. All’interno c’era il corpo di Vincenzo.

In aula presente l’avvocato della famiglia Ruggiero, Luca Cerchia, la criminologa Alessandra Sansone e il legale del Guarente. “Un minimo di soddisfazione c’è – dice Maria Esposito, la madre di Vincenzo – chi fa del male paga, la giustizia almeno in questo caso ha funzionato molto bene. Vincenzo credo sarebbe stato abbastanza soddisfatto di quello che fa la sua mamma e se ho la forza è perché è lui a darmela”. Guarente confesso di aver ammazzato Vincenzo per gelosia nei confronti di Heven, giovane transessuale amica di Vincenzo con la quale aveva una relazione. Nel corso del processo, Guarente, attraverso l’avvocato Dario Cuomo, aveva presentato una memoria in cui sosteneva di essere stato vittima di abusi sessuali da parte di un prete.