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“Oggi chiediamo verità e giustizia per mio figlio, perché dopo un anno non sappiamo niente, neanche il risultato dell’autopsia. Poi al Tar che ha sospeso l’ordinanza sulla rimozione del murales ci pensa il mio avvocato. Oggi il murales non c’entra, c’entra la vita di Ugo Russo, spezzata a 15 anni”.

Lo afferma Vincenzo Russo, padre di Ugo (qui la sua intervista ad Anteprima24), ragazzino di 15 anni ucciso un anno fa da un carabiniere fuori servizio che il giovane aveva tentato di rapinare. La famiglia del ragazzo si è ritrovata con il rione e gli amici in via Toledo per riunirsi e chiedere con uno striscione “verità e giustizia per Ugo Russo”. In oltre 300 si sono diretti verso via Generale Orsini, dove avvenne la morte del ragazzo il 1 marzo 2020. Lo striscione è stato nuovamente aperto in Piazza del Plebiscito, mentre la passeggiata si è svolta con le foto di Ugo Russo in mano, mostrandole a tutti coloro che erano a via Toledo per lo shopping del sabato pomeriggio. In cammino anche la madre di Ugo Russo, con in mano un fascio di fiori che poserà nel luogo della morte del figlio. “Io vorrei fare – ha aggiunto Vincenzo Russo – un’associazione per aiutare i ragazzi di Napoli. Per scendere in campo però devo stare bene con la testa, ora sto bene con questo silenzio. Quando sapremo la verità io scenderò in campo per i ragazzi di Napoli, che non si possono abbandonare”. Molti coloro che hanno formato l’appello pubblico per evitare la cancellazione del murales di Ugo Russo ai Quartieri spagnoli che ora è stata fermata dal Tar. Tra i sostenitori anche Ascanio Celestini che oggi era in strada con i parenti di Russo: “Viviamo in un Paese – ha detto – in cui è difficile fare giustizia, quindi immagino che anche da parte delle istituzioni si provi questa difficoltà. Io credo che quel murales porta sotto due parole su cui dovremmo essere tutti d’accordo, credo che una comunità che tende a far coabitare i cittadini in una situazione di pacificazione deve leggere quelle parole per quello che sono, verità e giustizia. Sono parole che troviamo in tante altre storie, che accomunano tante storie diverse, ma tutte hanno un bisogno espresso dalla comunità. Quindi leggere quel murales come segno della camorra è una lettura tossica”.