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Erano i padroni della zona e chi voleva parcheggiare doveva pagare se non voleva qualche guaio all’auto. 

I carabinieri della compagnia Centro hanno dato esecuzione alla misura cautelare del divieto di dimora nella regione Campania emessa dal Gip a carico di un 31enne di Napoli risultato irreperibile nel corso del blitz che il 21 dicembre aveva portato all’esecuzione della stessa misura cautelare a carico di 7 complici.

Tutti sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni nell’ambito di una inchiesta coordinata dalla procura di Napoli su un gruppo di parcheggiatori abusivi operante nella zona di via Sedile di Porto, una parallela del corso Umberto, nel centro storico della città, iniziata a seguito della denuncia di una donna che giunta a bordo del proprio autoveicolo era stata avvicinata da uno degli indagati che aveva tentato di farsi consegnare del denaro.

Le successive attività tecniche realizzate anche attraverso l’installazione sulla strada di un sistema di videosorveglianza nascosto, ha consentito di accertare l’esistenza della vera e propria associazione criminale.
Attraverso l’occupazione di spazi vuoti e la loro interdizione con bidoni dell’immondizia, sedie e autovetture, gli indagati si garantivano un controllo capillare dei parcheggi di quella parte del centro imponendo agli utenti della strada il pagamento di denaro con “tariffe” che variavano a seconda della durata della sosta e degli eventi in corso nelle strade limitrofe.
I video investigativi dei militari dell’Arma li riprendono mentre sostano in gruppo, spostano bidoni o loro auto per occupare o liberare parcheggi, prendono denaro, il solo modo per consentire ai malcapitati utenti della strada di parcheggiare liberamente, posano o prendono i soldi derivanti dall’attività illecita dal buco in un muro adiacente.

Analizzando le risultanze investigative dei carabinieri condivise dalla Procura il Gip riconduce agli stessi 27 estorsioni riscontrate oggettivamente anche grazie alle dichiarazioni delle vittime che escusse a informazioni hanno descritto modalità vessatorie e un clima di intimidazione che avevano in loro generato un sentimento di impotenza, circostanze che integrano il tipo di reato contestato agli indagati.