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NAPOLI – Questa mattina, si è diffusa la notizia della scomparsa, nell’ospedale romano Santo Spirito nel quale era ricoverato da qualche giorno, di Raffaele La Capria.

Giornalista, scrittore (Premio Strega 1961 con la sua opera più conosciuta, ‘Ferito a morte’), sceneggiatore (contribuì anche a quella de “Le mani sulla città” di Francesco Rosi), figura tra le più importanti della cultura italiana nel secondo Novecento, tant’è che a settembre Mondadori ha annunciato la pubblicazione di una sua inedita raccolta epistolare che vede protagonisti nomi del calibro di Claudio Magris, Sandro Veronesi, Emanuele Trevi, Silvio Perrella, Pier Paolo Pasolini, Inge Feltrinelli, Norberto Bobbio, Edoardo Albinati, Pietro Citati.

Era nato a Napoli nel 1922: il prossimo ottobre avrebbe compiuto 100 anni.

Ma perchè Raffaele La Capria era (ed è) uno dei figli più illustri del capoluogo partenopeo?

Probabilmente, sono due i commenti lasciati sui social che lo spiegano meglio.

Il primo è di Claudio Velardi, apparso su Twitter:

“Ho adorato Dudù La Capria per la scrittura sobria, l’eleganza innata, l’ironia e il disincanto. Solo lui ha incarnato il napoletano che in molti vorremmo essere, ma che non c’è in natura. Va pianto senza retorica, anche se oggi siamo più che mai feriti a morte”.

Il secondo è di Graziella Pagano, apparso su Facebook:

“Ho incontrato più volte in questi anni Raffaele La Capria, Dudù come lo chiamavano gli amici più intimi. La Capria era un grande amico di Giorgio Napolitano, entrambi frequentavano il liceo Umberto. Lo stesso che, qualche anno dopo, frequentai anch’io. La comune ‘militanza umbertina’ era oggetto di lunghe chiacchierate e indimenticabili risate. Posso dire, con orgoglio, di aver partecipato a serate in cui la vera Napoli, quella elegante, colta, illuminata e fortemente laica, si esprimeva in tutta la sa grandezza. La scomparsa di La Capria ci induce, o dovrebbe farlo, a una riflessione su ciò che esprime oggi la città a livello intellettuale. C’è una grande vivacità culturale e anche un fiorire di start up e di iniziative di impresa che mi lasciano ben sperare. Napoli non è solo caos e degrado, come alcuni ‘turisti svedesi’ vogliono far emergere, gli stessi che negli anni nefasti di De Magistris erano ciechi, sordi e muti. Tuttavia, quello che manca oggi è un pensiero lungo, una elaborazione profonda per costruire una nuova idea di Napoli. Il ceto medio riflessivo è un pò apatico, talvolta avvitato su se stesso e poco vivace. Incline al lamento più che alla proposta. Scaricare ogni cosa sulla politica rende tutto più difficile e rende la stessa politica più povera. In questo senso, l’impegno civile ed intellettuale di una figura come La Capria può essere un esempio. Come lo fu Aldo Masullo. Come lo furono i grandi napoletani del secolo scorso”.