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Napoli – “Hai voglia ‘e mettere rum, chi nasce strunz nun pò addiventà babbà!”. È questo il messaggio a prova di equivoco che da ieri notte campeggia su centinaia di manifesti affissi tra le strade di Napoli. A finire nel mirino della contestazione è ancora una volta il ministero dell’Interno Matteo Salvini. Il viso ritratto a fianco del tradizionale detto partenopeo è infatti proprio il suo.

Il leader leghista già negli ultimi giorni è stato oggetto di durissime contestazioni di piazza. Ma stavolta la strategia è diversa. A lanciare l’iniziativa è il movimento Il Sud Conta, che da mesi si batte per contrastare la legge sul cosiddetto “regionalismo differenziato”. Alla vigilia delle elezioni europee è così finito nuovamente sotto attacco Salvini, promotore proprio di quel progetto. Dal Vasto a piazza Garibaldi, da Montesanto al centro storico, tra ieri sera e stamattina le strade della città sono state così letteralmente invase da centinaia di cartelli che invitano i cittadini a prendere le distanze dal capo del Carroccio.

Nei mesi scorsi Il Sud Conta ha anche lanciato una petizione già sottoscritta da oltre 2.800 sostenitori, tra cui anche il sindaco Luigi de Magistris: «Uniamo le nostre voci – si legge nel documento – per denunciare i gravi pericoli dell’accordo sul regionalismo differenziato tra il Governo e le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. La mancata definizione degli stessi Livelli Essenziali di Prestazioni introdotti dall’articolo 117 della Riforma Costituzionale per garantire, almeno in teoria, la coesione sociale, le pari opportunità dei cittadini e la solidarietà tra i diversi territori del paese e la loro sostituzione con “standard territoriali differenziati” rappresenta non un percorso verso la valorizzazione delle autonomie ma un’Istituzionalizzazione delle disuguaglianze e delle discriminazioni in  particolare nei confronti dei cittadini delle regioni meridionali. C’è  preoccupazione tra i cittadini meridionali, e non solo, per la  sottoscrizione di questo accordo di cui non si conosce ancora il contenuto. L’iter voluto dal precedente Governo e per ora confermato da quello attuale, prevede la possibilità che venga votato integralmente e senza emendamenti dal Parlamento e una volta approvato potrebbe essere ritirato solo col consenso delle Regioni che l’hanno sottoscritto. Si  configura così una lesione duratura alle relazioni democratiche e al futuro di intere comunità di donne e di uomini, in aperto contrasto con  gli articoli secondo e terzo della Carta Costituzionale che affermano il  fondamentale compito di riconoscere l’uguaglianza dei diritti per tutte  e tutti e la rimozione degli ostacoli che si frappongono al pieno  sviluppo della persona umana».