Un presepe sotto assedio, una Natività avvolta dalla bandiera palestinese nel cuore di San Gregorio Armeno, per gridare al mondo che “Napoli dice basta”. È questo il potente messaggio lanciato oggi, 17 giugno, dall’Associazione Le Botteghe di San Gregorio Armeno, in una manifestazione che ha unito l’arte presepiale alla denuncia del genocidio in Palestina.
In via dei pastori, tra botteghe e tradizione, è apparso uno striscione eloquente scritto in lingua napoletana e italiana: “Sotto ’e bbombe moreno ’e creature. E si ce stamme zitti, murimmo pure nuje. Fermate il genocidio – Due popoli, due stati”. Un grido che ha attraversato le strade e le coscienze, elevando l’artigianato a gesto politico e umano.
A guidare l’iniziativa è stato Vincenzo Capuano, presidente dell’Associazione, che ha ricordato come il presepe sia da secoli portatore di un messaggio di pace: “La Natività rappresenta la vita e la speranza. Non possiamo tacere: fermate il genocidio”. Il gesto ha toccato profondamente la comunità palestinese, rappresentata da Jamal Qaddorah, che ha ringraziato Napoli per la solidarietà: “Questa città ci ha dato una carezza. Ma intanto, a Gaza, continuano a morire bambini. Chi tace è complice”.
Presente anche Ciro Silvestri, portavoce FISI, che ha sottolineato l’urgenza di una mobilitazione collettiva: “Il popolo napoletano ha una coscienza profonda, sceglie la vita, la libertà, la verità”. Un’eco ribadita da Emilio Caserta, direttore del quotidiano L’Identitario, che ha definito l’arte di San Gregorio Armeno “anima di una Napoli che rifiuta il silenzio davanti alla morte”.
A chiudere, con parole vibranti, l’attivista e blogger Gigi Lista, che ha ricordato il ruolo storico di Napoli come città di resistenza: “Difendere i bambini è difendere l’umanità. Non è solo solidarietà: è un dovere morale, politico e culturale”.
Quella di oggi non è stata solo una manifestazione simbolica, ma un atto di coscienza. La tradizione presepiale, nata per celebrare la nascita e la speranza, si è fatta oggi denuncia viva, per rompere il muro dell’indifferenza. Da Napoli, un segnale forte: non si può restare in silenzio davanti all’ingiustizia.