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Napoli – Le autorizzazioni per i decreti di intercettazione erano solo per le telefonate. Tutta l’inchiesta si reggeva, invece, su quanto il boss Giuseppe Casella diceva in casa con i fratelli Eduardo e Vincenzo, con la moglie e gli affiliati.

Così il gup del tribunale di Napoli Enrico Campoli li ha assolti per non aver commesso il fatto e scarcerati nonostante le dichiarazioni di tredici collaboratori di giustizia, le conversazioni captare in casa, le intercettazioni in carcere. Nulla che potesse confermare l’esistenza del clan.

Eppure il pm della Dda aveva chiesto per tutti pene superiori ai dieci anni e per i tre fratelli 20 anni a testa. Quando ieri mattina la notizia e’ arrivata dal Tribunale fino al quartiere d’origine sono stati esplosi fuochi d’artificio e per tutta la notte a Ponticelli è stata festa. Tredici scarcerazioni che adesso mettono a repentaglio l’equilibrio criminale di questi mesi nella zona orientale di Napoli.

Sono stati gli avvocati a dimostrare che il giudice, in fase preliminare, aveva autorizzato le intercettazioni solo per le telefonate e non per gli ambienti. Oltre alla casa era stata piazzata una microspia anche nell’auto del boss. Ordini agli affiliati, divisione dei soldi, gambizzazioni e sparatorie ai nemici dei De Micco. C’era tutto nelle pagine che hanno riempito l’ordinanza firmata ad ottobre del 2018 dal gip Egle Pilla. Mancavano i decreti. Ora sono tutti liberi.