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“La dinamica sta andando avanti, sta progredendo, e potrebbe anche evolvere verso un peggioramento”. Chiamatelo principio di precauzione, ma Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano, non usa giri di parole sullo scenario sismico dei Campi Flegrei. Bisogna essere “anche preparati eventualmente a un peggioramento”. All’Ingv hanno indetto un punto stampa, dopo la scossa di magnitudo 4.4 e lo sciame sismico in corso nei Campi Flegrei. La giornata non può dirsi certo tranquilla, usando un eufemismo. E il picco di pathos si tocca a un certo punto. Quando cioè Di Vito parla della “dinamica” in atto. “Potrebbe anche evolvere verso un peggioramento – spiega -, che può significare anche una risalita magmatica, ma che noi in questo momento escludiamo”. Solo al momento, però. “Dobbiamo sapere che potrà accadere, in un futuro a medio lungo termine” aggiunge. E quanto lontana sarebbe lontana l’ipotesi? “Oggi nessuno in assoluto – chiarisce il direttore – è in grado di dire se questo medio lungo termine sarà fra 3 anni, 5 anni o 10 anni”. Una cosa i tecnici sottolineano. “I magmi possono risalire, come abbiamo visto anche con i dati” rammenta il vulcanologo. Detto questo, nessuno si sbilancia. “Non è detto che – ammonisce il direttore dell’Osservatorio – questa crisi evolverà verso un fenomeno peggiore”. Ad oggi, “c’è evidenza” di una progressione. Dall’inizio di aprile, si registra una velocità di deformazione media mensile di 15 millimetri. La misurazione è nell’area di Rione Terra. E insomma “se la dinamica continua, noi i terremoti ce li aspettiamo” sottolinea Di Vito.

Lo sciame sismico iniziato oggi è ancora in corso. Finora sono stati 35 i terremoti rilevati. I più importanti sono stati quello di 4,4 delle 12,07, seguito da un sisma di magnitudo 3,5 alle 12,22 , poi da uno da 3,3 alle 14,58. Si sono osservate anche diverse frane da crollo nelle aree Accademia, Rione Terra e Solfatara, con crolli di blocchi di tufo instabili. Segnali di instabilità del territorio, che risente degli effetti di scuotimento. Ma l’invito è a evitare drammatizzazioni. “Vivere su un vulcano così come in altri luoghi esposti a pericoli – ricorda Di Vito – significa che dobbiamo essere pronti a fronteggiare questi pericoli per non trasformarli in tragedie“.

Il crinale è però stretto, tra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà. A sentire i tecnici dell’Osservatorio, prevale una vigile attesa. “Ogni volta che ci sono pochi terremoti – bacchetta Di Vito -, si dice che è tutto finito. Noi non lo diciamo e dobbiamo essere chiari su questo”. Da un paio di mesi, la popolazione non avvertiva forti scosse. Eppure un’intensificazione del fenomeno bradisismico è verificata, nell’ultimo periodo. Ciò significa un incremento delle anomalie in tutti i parametri. “Purtroppo – ribadisce Francesca Bianco, direttrice del Dipartimento Vulcani dell’Ingv – non abbiamo alcun elemento per dire quanto durerà, sarebbe come chiederci di prevedere i terremoti”. Non si registrano tuttavia variazioni drastiche di questo trend. “Il magma non c’è entro i primi 3-4 chilometri dalla superficie” dice Bianco. Adesso non si rileva risalita di magna in superficie, “ma in profondità è attivo“. Sta quindi “producendo fluidi magmatici”: gas come l’anidride carbonica, il monossido di carbonio. “Sono soltanto questi ultimi – precisa Bianco -, attualmente, a risalire verso la superficie”.