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Teschi, ossa, loculi sfondati, sterpaglie e spazzatura ovunque, sul cimitero monumentale di Napoli sembra si sia abbattuto un uragano. Si presenta così il camposanto di Poggioreale, quello dove sono seppelliti gli uomini illustri che hanno fatto la storia del nostro Paese e, in alcuni casi, hanno segnato la storia del mondo.

Lì riposano in pace (ma si fa per dire) Enrico De Nicola, il primo presidente della Repubblica italiana; Benedetto Croce, filosofo e storico di caratura internazionale; Francesco De Sanctis, poeta, scrittore e ministro dell’Istruzione; Saverio Mercadante, compositore ricordato in tutto il mondo. O ancora, Totò, attore simbolo della napoletanità nel mondo. Ebbene, molte di queste tombe versano in uno stato di degrado pietoso.

Per rendersi conto di ciò, basta fare un giro tra i busti degli illustri e vedere lapidi staccate, tombe distrutte, spazzatura e sterpaglie che, in alcuni casi, sovrastano le cappelle. Per fare un esempio, la tomba di Salvatore Di Giacomo, illustre poeta, autore di “Era de Maggio“, è ricoperta di spazzatura. E se la cappella dove riposa De Nicola sembra non avere problemi, basta fare un giro in tondo e scoprire l’impossibile: il retro è usato come discarica, le tombe accanto sono pericolanti e il muro che sostiene l’intera struttura è più volte crollato.

Le tombe dei gradi uomini e donne napoletani e campani che sono seppelliti nel cimitero di Poggioreale, oggetto di pellegrinaggi da parte di studiosi, sono totalmente abbandonati“. Così Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale dei Verdi, a proposito dello stato di degrado del camposanto monumentale. Ma il problema è assai più spinoso: “Non sempre – dichiara Borrelli – la gestione di queste tombe sono cosa pubblica, spesso dipende dai familiari che non se ne prendono cura“.

Alcune cappelle sono sfondate e pericolanti, ci sono resti di persone cadute addosso alla gente. In più – continua – trovo incredibile che non ci sia un sistema di controllo che impedisca a macchine e motorini di entrare all’interno del cimitero. Ma non parlo dei viali, parlo delle tombe vere e proprie. I motorini spesso sfrecciano tra le tombe“.

Però, c’è qualcosa in più: “Il business dei cimiteri – conclude Borrelli – potrebbe rimettere in sesto le casse del comune di Napoli. Parliamo ci centinaia di milioni di euro“.

Bisogna dire, quindi, che se a Napoli è forte il culto dei morti non lo è altrettanto il rispetto delle loro tombe. Antonio de Curtis, in arte Totò, diceva che “la morte è una livella” mettendo tutti sullo stesso piano. “Ma chi te cride d’essere…nu ddio? – recitava – Ccà dinto,’o vvuo capi,ca simmo eguale?…Muorto si’tu e muorto so’ pur’io; ognuno comme a ‘na’ato é tale e quale“. Fedeli a Totò, nei cimiteri napoletani, che sia un uomo illustre o uomo comune, non c’è alcuna differenza,  il degrado è lo stesso.