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Napoli – “Un grosso taglio nell’addome e le viscere che fuoriuscivano”. Comincia così il racconto di Carmine, uno dei primi soccorritori di Walter accoltellato 10 volte domenica scorsa in Piazza Bellini per aver difeso una sua amica vittima di stalking.

Carmine ha voluto raccontare la sua versione dei fatti, da protagonista, della vicenda che domenica pomeriggio ha macchiato di sangue uno dei luoghi simbolo di Napoli, di giorno centro nevralgico della zona universitaria e del turismo e di notte uno dei luoghi preferiti da tutta l’area metropolitana per affollare uno dei tanti locali e bar aperti fino alle prime luci dell’alba. Spiega di aver voluto raccontare quello che è accaduto perché spinto dalle tante falsità che alcuni giornali, politici e utenti di Facebook hanno cominciato a far girare nel web. La storia dell’aggressione di Walter era infatti stata pubblicata prima come movida violenta e poi come regolazione di conti tra extracomunitari per lo spaccio di droga nella zona.

Carmine dopo aver raccontato con emozione i lunghi momenti – l’ambulanza infatti ha impiegato trenta minuti per raggiungere la vittima dell’aggressione – ha anche voluto lanciare un messaggio ai suoi concittadini, che secondo lui se vogliono salvare Napoli “non possono più girarsi dall’altra parte”.

Ecco il post completo: “Alla fine ho deciso di scrivere le mie sensazioni sull’accaduto di ieri. Ho deciso di farlo solo perché sto leggendo tanto su Facebook, sui social e sui giornali. Anche stamattina c’è un pontificare di teorie su quello che ieri è accaduto in piazza Bellini. E lo sport preferito, come al solito è quello di trovare il colpevole. Il sindaco? I gestori dei locali? I ragazzi che fanno la “movida pericolosa e selvaggia”. Io ero lì. In una piazza assolata, piena di gente. Era il primo weekend di ritrovata libertà. Ero a leggere un buon libro, con un cocktail (analcolico) e a chiacchierare con un caro amico. Improvvisamente un gran frastuono. Un ragazzo che si sbraccia al centro della piazza, poi cade a terra. Senza nemmeno riflettere ho raggiunto il ragazzo. Era a terra. Un grosso taglio nell’addome e le viscere che fuoriuscivano. Mi sono trovato un paio di guanti infilati alle mani, senza sapere nemmeno come fosse successo, e per 30 minuti, sì 30 minuti!!, il tempo di arrivo di una ambulanza, ho compresso gli intestini di Walter, perché così si chiama quel ragazzo che per troppe volte ha perso i sensi mentre aspettavamo che qualcuno gli venisse a salvare la vita. Eravamo in tre. I momenti erano concitati e le emozioni si confondono. Non ricordo molto. L’unica cosa che ricordo, e che per tutta la notte ho rivisto, sono gli occhi del ragazzo e la cantilena che ripeteva: non ce la faccio più. Mi fa male. Non so se è uno spacciatore, se un bravo ragazzo. In quel momento era un essere umano e non ho pensato due volte a fare quello che ho fatto. Non credevo di avere tutto questo coraggio. O forse non è stato coraggio, ma incoscienza. Ma lo rifarei mille volte. Spero che Walter sia vivo. E spero che il mio gesto abbia contribuito a salvargli la vita. Rivedo gli occhi dell’amica di Walter che gli chiedeva di non mollare. Gli schiaffi che gli dava per tenerlo sveglio. Le lacrime sincere di chi vede un amico che sta morendo. Si perché stava morendo. Vi assicuro che vedere la vita spegnersi pian piano negli occhi di un uomo è una cosa che difficilmente dimenticherò. Il problema come ho già detto non credo sia la movida, e sicuramente non è solo l’alcool. I problemi sono ben più radicati. Non si può derubricare tutto al consumo di alcol e alla irresponsabilità dei giovani della nostra città. Il ragazzo non credo fosse ubriaco, forse già qualcosa era accaduto precedentemente e quello che è successo dopo è stato solo il triste epilogo. Io ovviamente non ho la soluzione al problema e forse non mi compete. Ma è troppo semplice colpevolizzare una certa categoria quando non si riesce a trovare la soluzione al problema. Piazza Bellini è da sempre una piazza difficile e i gestori di locali troppe volte hanno chiesto di essere aiutati. Di non essere lasciati soli. I comitati civici, che in questi momenti nascono come funghi, chiedono il coprifuoco o di limitare l’agibilità in alcune zone della città. Non credo sia questa la soluzione, anzi. Io se potessi, chiederei ai miei concittadini, quelli sani, quelli che amano questa splendida città, di riprenderci gli spazi. Di viverla in maniera sana. Un’occupazione pacifica delle nostre piazze. Ma come ho detto non mi compete e non sono uno che normalmente si espone pubblicamente. Uniamoci tutti e combattiamo pacificamente la violenza di quelli che vogliono distruggere la nostra bella Napoli. Vi prego non commettiamo sempre lo stesso errore. Non è colpa di nessuno. E’ colpa di tutti. Di tutti quelli che quotidianamente si voltano dall’altra parte, per paura o per semplicità. Io ieri non mi sono voltato. E non voglio farlo più. Ma da soli non si vince”.