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Castellammare di Stabia (Na) – Raffica di arresti a Castellammare di Stabia, i militari del comando provinciale della guardia di finanza di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della misura di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 20 soggetti ritenuti promotori, affiliati o strettamente contigui al clan Cesarano, la cosca egemone nei comuni di Castellammare di Stabia, Pompei, Santa Maria La Carità e Scafati.

Il provvedimento scaturisce da un’ articolata attività di indagine partita nel 2014 quando, in concomitanza dell’arresto di Nicola Esposito detto “’o mostr”, la leadership del gruppo criminale, con il beneplacito dello storico boss Ferdinando Cesarano (attualmente recluso al 41 bis), veniva assunta da Luigi Di Martino, alias “’o profeta” (anch’egli recluso al 41 bis), proprio in quel frangente tornato in libertà dopo una lunga detenzione. Le in vestigazioni , avviate grazie alla denuncia di un imprenditore di Castellammare di Stabia operante nel settore delle “slot machines” , hanno consentito di ricostruire un analitico e voluminoso quadro indiziario sulla riorganizzazione del sodalizio criminale stabiese, sulla nuova struttura organigrammica della medesima consorteria e sulle modalità operative mediante le quali veniva imposto il controllo sulle attività economiche della zona o venivano gestiti lucrosi traffici delittuosi, accumulando in questo modo ingenti proventi illeciti.

La compagine criminale, sotto l’egida verticistica della figura carismatica del nuovo leader che riceveva gli affiliati presso il suo quartier generale fissato nella zona stabiese di Ponte Persica, è risultata attiva prevalentemente nell’imposizione delle estorsioni alle imprese commerciali, nella conduzione – mediante prestanome – di importanti realtà imprenditoriali locali e nel la gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Nell’ambito dell’attività estorsiva – per la quale l’organizzazione criminale si avvaleva anche di un canale informativo “privilegiato” da cui apprendeva ogni nuovo appalto o attività economica di spessore – specifica rilevanza assumono le figure criminali di Giovanni Cesarano detto “Nicola” (classe ‘66) e Aniello Falanga (classe ‘64), che, mediante minacce e violenze, obbligavano decine di imprenditori a versare periodicamente il pizzo, oltre che a imporre il noleggio di slot machines, i cui proventi confluivano nella casse del clan per sostenere le famiglie storicamente affiliate, servivano per pagare gli stipendi a gli organici e venivano reinvestiti in altre attività illecite.

Questi due sodali, per imporre il controllo paramilitare sul territorio del clan , si avvalevano di altri subalterni e, più in particolare , di Luigi Di Martino detto “’o cifrone” (classe ‘61), di Carmine Varriale detto “’o lione” (classe ‘70), nonché di Antonio Iezza (classe ‘53) e Claudio Pecoraro (classe ‘73) , questi ultimi due anche con il ruolo di guardaspalle deputati a salvaguardare l’incolumità del reggente del sodalizio camorristico. Altro soggetto dedito alle estorsioni nei confronti delle società di noleggio di videogiochi, per conto Luigi Di Martino detto “’o profeta”, veniva individuato in Luigi La Mura detto “Gigino Diabolik” (classe ‘82).

Questi affiliati venivano intimiditi a eseguire senza alcuna esitazione gli ordini impartiti (“…. gli dici a nome dei compagni di Ponte Persica…” ) e senza alcun potere decisionale in merito (“… se ti dico struppialo, tu vai là e struppialo…”) , ricorrendo – laddove necessario – a esplicite minacce ( “… ti siedono sulla sedia a rotelle, tu ne esci con il cucchiaino”). Oltre ad imporre il racket nella sua forma tradizionale con pagamenti a cadenza mensile, le indagini hanno dimostrato come il clan controllava , sfruttando la propria forza di intimidazione, la società “Engy Service Srl”, un’ azienda di intermediazione trasporti, allo scopo precipuo di assumere il monopolio totale delle spedizioni di fiori, bulbi e vasellame, con annesso scarico merci da e per il “Mercato dei fiori” di Pompei . Tale società – già emersa in altra indagine sfociata nell’adozione di diverse misure cautelari – risulta gestita dal cognato del “profeta”, Giovanni Esposito (classe ‘66), che risponde di concorso esterno nell’associazione camorristica.

La sicurezza delle conversazioni del gruppo criminale da possibili intercettazioni telefoniche da parte de gli organi inquirenti era garantita da un dealer di una compagnia telefonica di Pompei (Antonio Vispini, classe ‘78), il quale riforniva periodicamente il sodalizio di svariate “schede sim” solitamente intestate a extracomunitari. Parallelamente alle attività estorsive, il gruppo criminale poneva in essere una fervente e remunerativa attività nel settore del traffico di sostanze stupefacenti, insieme a esponenti di un gruppo criminale della provincia salernitana affiliati al clan camorristico Pecoraro-Renna, oltre che intessendo contatti con alcuni soggetti appartenenti a clan camorristici della provincia di Napoli, quali i Mallardo e i Contini.

Attraverso una ricostruzione della filiera di approvvigionamento e distribuzione delle sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana), sono stati dettagliatamente delineati i ruoli – non organici al clan – di:
Felice Barra (classe ‘71 ) , quale broker che, su disposizione del “profeta” si occupava dell’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti, sfruttando i suoi contatti con esponenti del clan Contini di Napoli;
Vincenzo Amita (classe ‘88) e Filomena Norato (classe ‘85) quali custodi dei luoghi di deposito della droga;
Cira Iodice (classe ‘61) , Adelchi Quaranta (classe ‘86) e Carlo Della Corte (classe ‘61) quali corrieri utilizzati per il trasporto dello stupefacente;
Sergio Bisogni (classe ‘68), Francesco Mogavero (classe ‘79) e Giovanni Langella (classe ‘82) quali acquirenti finali che, successivamente, destinavano la droga allo spaccio nelle province di Napoli e Salerno.
Sulla base dell’esito dell’attività investigativa – svolta utilizzando indagini tecniche (quali intercettazioni telefoniche e ambientali) nonché con l’utilizzo di gps installati sugli autoveicoli in uso agli indagati ed eseguendo l’esame dei sistemi di videosorveglianza comunali e privati – il gip del Tribunale di Napoli emetteva un provvedimento cautelare a carico di venti soggetti (dei quali 15 in carcere e 5 agli arresti domiciliari).