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Si sono affrontati come due adulti mentre invece erano poco più che ragazzini. Dei dissapori, forse per una ragazzina contesa, hanno acceso gli animi in una scuola a Fuorigrotta, la “Augusto Consoli”. Ad affrontarsi due tredicenni, uno dei quali era però armato di coltello. Prima le offese, gli spintoni, e infine una scazzottata. L’aggressore ha però avuto la peggio e per questa ragione ha deciso di vendicarsi, ripulendo l’onta dell’umiliazione subita davanti a tutti i compagni di scuola che hanno assistito senza intervenire. Pare addirittura che qualcuno abbia ripreso la scena con il cellulare. Il tredicenne, parente di un noto pregiudicato del quartiere, ha dunque impugnato il coltello che aveva nei pantaloni e ha colpito ad un gluteo il coetaneo che si è accasciato a terra sia per il dolore che per lo spavento. Dalle prime indagini condotte dalla polizia di Stato pare che l’aggressione sia avvenuta all’interno dell’edificio scolastico, fuori dall’aula dove i due avevano appena concluso una lezione di italiano. Quando il sangue è iniziato a fuoriuscire dalla sua gamba il tredicenne aggredito ha iniziato ad urlare così da attirare l’attenzione delle professoresse che hanno allertato il 118 e anche il direttore scolastico.

Portato in ospedale è stato medicato con due punti di sutura e dimesso. Adesso dovrà affrontare il trauma di quanto ha subito. L’aggressore invece è stato accompagnato al Centro di prima accoglienza dei Colli Aminei a Napoli e il magistrato per i minori lo ha affidato ai genitori in quanto ha una età non imputabile. Ma le indagini non sono ancora terminate ed è plausibile che possano intervenire anche gli assistenti sociali. È un ragazzino che viene da una realtà familiare difficile e già altre volte è stato segnalato dalla dirigente scolastica come incline ad atti di bullismo. «L’aggressore è un ragazzo in difficoltà e noi ce ne eravamo accorti – dice Armando Sangiorgio, direttore scolastico – ma non potevamo immaginare che potesse succedere quello che è accaduto davanti agli occhi di decine di compagni di classe. Abbiamo il dovere di capire il suo malessere e tentare di risolverlo anche se si tratta di un fatto da condannare. Come padre, educatore e dirigente, sono convinto che il ragazzino può essere recuperato», ha concluso.