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Napoli – “Saltate da un edificio alto. Prendetevi la vostra vita”. Questa la 50esima regola della nuova pericolosissima sfida che corre sui social e che porta i giovani al suicidio. “Mamma, papà vi amo ma devo seguire l’uomo nero col cappuccio”. E’ il breve messaggio mandato sul cellulare dei familiari dal bambino di 11 anni alcuni istanti prima di lanciarsi dal decimo piano della sua abitazione nel quartiere di Chiaia a Napoli. L’undicenne avrebbe scritto un ‘whatsapp’ con il quale prima chiede scusa ai genitori e poi fa riferimento a un uomo nero. Gli inquirenti non escludono possa essere stato vittima dei cosiddetti “challenge dell’orrore”, del tipo “blue whale”, un gioco che si svolge totalmente on-line, che comprende atti di autolesionismo e anche, alla fine, il suicidio.

Parliamo di una nuova pericolosissima sfida che corre sui social e in particolare tra gli adolescenti. Dopo il “gioco” nato in Russia “Blue Whale”, ora a inquietare il mondo del web ci pensa “Jonathan Galindo” che attraverso la faccia di Pippo, si insinua nei social network degli adolescenti, ed entra in contatto con  i ragazzini. Qualcuno ricorderà di questo fenomeno web nato in Brasile e che si è diffuso poi in gran parte dell’Europa sopratutto in Spagna, arrivando appunto anche in Italia.“Jonathan Galindo” è ovviamente un nome assolutamente inventato con un’immagine del profilo rubata dal produttore di effetti speciali cinematografici, Samuel Catnipnik, che rappresenta il cartone Pippo, seppur in maniera piuttosto inquietante. E’ probabile quindi che il bambino napoletano sia stato contattato da uno di questi creatori di sfide mortali sul web. Il “tutore” del gioco, infatti, contatta bambini e adolescenti su ‘Tik Tok’, mandando un messaggio privato e chiedendo se “Vogliono giocare?”. A questo punto chi starebbe dietro l’account trascinerebbe le sue vittime in una serie di “sfide” che arriverebbero al suicidio. 

Qualche anno fa il blog “Higgypop”, dopo aver trovato sul social Reddit le regole del gioco, è entrato in contatto con un curatore (il tutore che dà le regole agli adolescenti che decidono di giocare). La dinamica prevede che i ragazzi devono affrontare cinquanta prove estreme in cinquanta giorni, fino al suicido. Tra le prove c’è quella di incidere con una lama sulla pelle dell’addome le lettere iniziali del proprio nome ma anche il numero del diavolo “666”. “Dovete superare la vostra paura”, un’altra tappa della sfida. Oppure “Procuratevi del dolore, fatevi del male. Passate un ago sulla vostra mano più volte”. Arrivati a metà del folle gioco il curatore dirà la data della vostra morte e voi dovrete accettarla.

La Polizia di Stato e la Procura di Napoli, che stanno indagando sull’accaduto a Chiaia, ipotizzano il reato di istigazione al suicidio. Secondo quanto emerso finora, sembra che il bambino, figlio di due noti e stimati professionisti, fosse sano e felice, praticava sport ed era perfettamente integrato.