- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

“I miei fan credono in me più di quanto non lo faccia io. Forse perché quello in cui credo corrisponde a quello in cui loro credono. La verità è che sono sempre stato costante: ho chinato la testa e sono andato per la mia strada in ogni circostanza. Guardo avanti, mai dietro né affianco. Anche se a 56 anni qualcosa potrei insegnarla, mi piace rimanere alunno, imparare perché, come diceva Eduardo ‘Gli esami non finiscono mai’. Per fortuna sono un curioso e come suggeriva Steve Jobs anche coraggioso e un po’ folle. Il nuovo mi dà energia, fa muovere l’adrenalina”. Franco Ricciardi, al secolo Francesco Licciardo, con due David di Donatello all’attivo, raggiunge con sei mesi d’anticipo il sold out allo Stadio Maradona per il live previsto il 10 giugno 2023. “Fare sold out al San Paolo — io che ho vissuto Maradona, ancora non riesco a chiamare lo stadio di Napoli con il suo nome: è roba da posteri — non era nemmeno ipotizzabile. Andava oltre. Non l’ho tatuato perché impossibile pure da immaginare: non esageriamo, dicevo tra me e me. Quindi sono pieno di gratitudine per il mio pubblico e per la vita” dice il cantante napoletano sulle colonne del CorrMezz.

“Il 2023 meglio non poteva iniziare! Partirò inoltre con il mio tour europeo e per la prima volta mi esibirò in America: a New York e Miami. Si avvera il sogno americano. Molti anni fa, mi feci tatuare le vele di Scampia e i grattacieli di New York: era un desiderio scritto sulla pelle. È come se quell’immagine si fosse staccata da me e avesse preso forma nella vita. Sui social già leggo commenti di fan italo-americani che ringraziano per le mie canzoni e aspettano con gioia i miei concerti”.

Gli esami non finiscono mai, appunto. Ma Ricciardi ha più tremore per i concerti a Napoli o a New York? “Nessun tremore veramente, ma non per spavalderia. La mia regola è affrontare tutto con leggerezza: se inizio a pensare all’importanza dell’evento, mi crolla addosso la pesantezza e non ne esco più. I due David sono stati leggerissimi, così voglio continuare a fare con il resto”. 

Per l’artista cantare non è un lavoro ma passione, vocazione: “Lo farei pure senza nulla in cambio: mi fa stare bene – conclude – e amo il fatto che riesca a far stare meglio gli altri. Senza nulla a pretendere. È come chi va in chiesa solo per il bisogno di pregare non per chiedere il miracolo. Io non volevo il miracolo successo, volevo “pregare”. Mi sono spiegato?”.