Tempo di lettura: 2 minuti

Il Club Tenco ha ricordato con profonda commozione la scomparsa di James “Jé” Senese, avvenuta oggi. Figura cardine della musica italiana, Senese ha rappresentato una vera e propria chiave di volta nella contaminazione tra il jazz, il blues e la tradizione partenopea, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore di chi vive e ama la musica.

Il ricordo del Tenco 2016

Il pensiero corre inevitabilmente al Palco dell’Ariston, quando nel 2016 portò il suo inseparabile sax soprano e il suo talento inconfondibile durante la Rassegna Tenco, ricevendo la Targa Tenco per il Miglior Album in Dialetto con ’O sanghe, realizzato insieme ai Napoli Centrale. Fu il primo grande riconoscimento ufficiale di una carriera lunga, coerente e sempre fedele alla propria identità artistica.

Amava visceralmente il rhythm and blues e, ricordando i suoi inizi, diceva: “Con le scarpe stavamo a Miano, a Piscinola, ma la testa stava nel Bronx”. Una frase che riassume perfettamente la sua essenza: profondamente napoletano, ma con un respiro musicale universale.

Una carriera di rivoluzioni sonore

Dagli Showmen alla storica collaborazione con Pino Daniele, fino al percorso da solista e alla lunga avventura con Napoli Centrale, James Senese fu un artista sempre nuovo, sempre avanti, capace di attraversare i tempi senza mai adattarsi alle mode. In Addò vaje – uno dei brani più intensi di ’O sanghe – cantava: “Pe’ ghì annanze torna arrèto. Chi segue ’a moda sta fuori moda”, manifesto di una libertà creativa che non conobbe compromessi.

Il primo LP di Napoli Centrale vendette oltre novantamila copie, e il singolo Campagna (1974) divenne una vera e propria hit. Quel suono libero e innovativo attrasse giovani talenti, tra cui un allora emergente Pino Daniele, nel 1978. Fu così che nacque il movimento del Neapolitan Power, e James Senese ne fu una delle scintille più luminose.

Il sangue, la ribellione, la fede

Nel 2016, con il ventesimo album dei Napoli Centrale, Senese dichiarò: “L’ho intitolato ’O sanghe, il sangue. Una parola estrema. Come me. Io sono nato ribelle”. Quella ribellione, intesa come ricerca di verità e giustizia, attraversava ogni nota e ogni parola del suo repertorio.

Nel brano finale dell’album, si rivolgeva al Signore con versi che oggi risuonano come un commosso addio, ma anche come una preghiera collettiva:

“Pregò ’o Signore
Un miracòl vero
Prèg ’o Signore
Ch’ fermà chesta terra
Quànt sanguè rinto ’a terra
Lacrìm ra’ gentè
O sanguè ro’ popolò perdentè.”

Ciao Jè!