- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

E’ stata inaugurata oggi a Napoli la prima Rage Room del Sud Italia: una “stanza della rabbia”. Un posto dove sarà possibile spaccare tutto quello che si vuole per sfogare lo stress. Si trova Fuorigrotta in via Tiberio, al civico 70. Piatti, bicchieri, bottiglie, quadri, suppellettili e ancora, elettrodomestici, televisori, quadri e tutto quanto rompendosi faccia molto rumore e si possa frantumare in mille pezzi. All’interno della Rage Room si può dare libero sfogo a qualsiasi tipo di frustrazione.

“Roba vecchia, oggi riciclata. Nacque negli anni ‘ 70, si chiamava ‘Terapia dell’urlo primario'”. Così Andrea Fiorillo, ordinario di Psichiatria all’Ateneo Vanvitelli, in un’intervista a “La Repubblica” ha bocciato l’iniziativa. “La metodica venne ideata dallo psicologo americano Arthur Janov. Nelle intenzioni avrebbe dovuto rappresentare la panacea per tutti i disagi psichici. Janov riteneva che potesse esser valida per qualsiasi sindrome, come la nevrosi. La procedura avrebbe dovuto consentire di esprimere il proprio vissuto. In parole povere: utilizzare la voce con questa modalità estrema avrebbe liberato il paziente dalle proprie paure e da traumi pregressi. E questo perché, alzando a dismisura il tono della voce fino all’urlo, si sarebbero esternati rabbia ed emozioni negative”.

Spaccare tutto, muniti di mazze e bastoni, o prendere gli oggetti e scaraventali dove meglio si crede, anche a mani nude, è questa la filosofia della camera della rabbia; non una novità italiana, ma una tendenza già molto in voga in Giappone e Stati Uniti. “Per molti anni – continua il Psichiatria – fu salutata con favore dagli psicologi e anche dai pazienti. Un successo che si spiega anche grazie a personaggi famosi. A sottoporsi al trattamento del gridare furono anche esponenti dello star system, come John Lennon e sua moglie Yoko Ono. Ma negli anni ’80 accadde qualcosa che cambiò le carte in gioco”. Come è andata in Giappone? “Lì, l’autocontrollo delle persone è molto saldo e riescono a dominare meglio i propri istinti. Qundi, forse in quei posti ha funzionato”. Invece, dalle nostre parti “ritengo si tratti di un business. Ha dei costi elevati. In America le tariffe sono diverse ma appunto a Milano e Bologna i prezzi sono differenziati e si arriva a pagare per un piede di porco fino a 85 euro, mentre per oggetti basic come bicchieri, bottiglie o piatti dai 30 ai 50. Una follia che farà solo danni. E in una cultura già molto orientata alla esplosività e al mancato controllo, non si avvertiva il bisogno di una stanza della rabbia”.

La tecnica venne messa in discussione:  “Dalla scoperta dell’evidence based medicine . Si consolidò, giustamente, il ruolo della prova di efficacia di una determinata tecnica. E quella dell’urlo risultò inutile. Insomma, il mondo scientifico cominciò a dubitarne perché non c’erano studi rigorosi che ne attestassero la validità”.

La Rage Room:  “In realtà è una metodica peggiore. In questo caso si possono rompere oggetti, ed è una pratica che rischia di diventare pericolosa. Perché l’uso cattivo che se ne può fare riguarda molto gli adolescenti: potrebbero perdere il controllo e trasferire la rabbia anche al di fuori della Rage Room”.

Una forma di autoesaltazione: “Diciamo un surrogato di una sostanza stupefacente o dell’alcol. E quindi potrebbe scatenare eccitamento: l’opposto dell’obiettivo. Così il pericolo è che una volta usciti dalla stanza i ragazzi non riusciranno a controllare i propri istinti e a incanalarli in maniera corretta o socialmenmte accettabile. Ed esempi già ce ne sono: basta pensare ai video giochi. Sono sviluppati proprio per esprimere la rabbia, ma spesso i ragazzi ne vengono talmente assorbiti da perdere il contatto con la realtà e restano prigionieri delle proprie emozioni. La Rage Room importata, anche questa dagli Usa, dopo i primi centri aperti in Giappone, è arrivata a Milano e Bologna”.